Charles Sanders Peirce afferma che la sensazione non è necessariamente un’intuizione o una prima impressione dei sensi, come ha dimostrato nel caso del suono e, ancor più chiaramente, nel caso del senso della bellezza. «Quando la sensazione del bello è determinata da nozioni precedenti, emerge sempre come un predicato: cioè pensiamo che qualcosa è bello.» Ogni volta che una sensazione sorge in conseguenza di altre, l’induzione dimostra che queste altre sono sempre in una certa misura complesse. La sensazione, dunque, è un predicato semplice preso al posto di un predicato complesso, e in questo senso «svolge la funzione di un’ipotesi». Tuttavia, il principio generale secondo cui ogni cosa a cui appartiene una data sensazione abbia una data complessa serie di predicati «non è un principio determinato dalla ragione, ma è di natura arbitraria». Per questo, Peirce precisa che la classe delle inferenze ipotetiche a cui assomiglia il sorgere di una sensazione è quella del «ragionamento che va dalla definizione al definitum», in cui la premessa maggiore è di natura arbitraria.
A differenza del ragionamento linguistico, in cui la premessa maggiore è determinata dalle convenzioni del linguaggio e indica l’occasione in cui una parola deve essere usata, nella formazione di una sensazione «tale premessa è determinata da come è costituita la nostra natura» e indica l’occasione in cui sorge la sensazione, «o segno mentale naturale».
Peirce osserva che la sensazione, in quanto rappresenta qualcosa, è determinata, secondo una legge logica, da cognizioni precedenti. Ma, in quanto «mero sentimento di un tipo particolare», essa è determinata soltanto da un «potere inesplicabile, occulto» e non è, quindi, una rappresentazione, bensì la «qualità materiale di una rappresentazione».
Nello stesso contesto, Peirce evidenzia che non esiste alcun sentimento che non sia anche una rappresentazione, cioè un predicato di qualcosa logicamente determinato dai sentimenti che lo precedono. «Infatti, se mai ci fossero sentimenti non predicati, essi sarebbero le emozioni.» Tuttavia, anche le emozioni hanno sempre un soggetto. Peirce esemplifica: «Se un uomo è arrabbiato, egli dice a se stesso che questo o quello è vile e offensivo. Se è contento, dice: “questo è delizioso”. Se è meravigliato, dice: “questo è strano”.»
Perfino quelle passioni senza oggetto definito, come la malinconia, giungono alla coscienza solo colorando gli oggetti del pensiero. Secondo Peirce, ciò che fa apparire le emozioni come affezioni del nostro io è il fatto che esse dipendono dalla «nostra situazione accidentale del momento» in maggiore misura rispetto ad altre cognizioni.
«Le emozioni», osserva Peirce, «sorgono quando la nostra attenzione è fortemente attratta su circostanze complesse che il pensiero non riesce a dominare.» La paura nasce quando non possiamo predire il nostro destino, mentre la gioia si manifesta in sensazioni «peculiarmente complesse». Quando non si riesce a giungere ad alcuna conclusione stabile riguardo al futuro, al posto dell’inferenza ipotetica sorge il sentimento di ansietà. Peirce osserva come l’indescrivibile, l’ineffabile, l’incomprensibile generino comunemente l’emozione, mentre «niente è così freddamente impassibile quanto una spiegazione scientifica».
Secondo Peirce, «un’emozione è sempre un predicato semplice, che si sostituisce a un predicato altamente complesso mediante un’operazione della mente». Tale operazione si collega all’ipotesi: un predicato complesso richiede di essere spiegato con un’ipotesi, che a sua volta sostituisce il predicato complesso con uno più semplice. Ma mentre nell’ipotesi intellettuale esistono buone ragioni per dire che il predicato ipotetico semplice si applica alla stessa cosa cui appartiene il predicato complesso, nell’emozione «non può essere data alcuna spiegazione razionale», poiché essa è determinata «puramente dalla nostra costituzione emozionale». Questa differenza corrisponde alla distinzione tra il ragionamento ipotetico e il ragionamento dalla definizione al definitum.
Peirce conclude che «l’emozione non è altro che sensazione». Ma aggiunge subito che vi è anche una differenza tra emozione e sensazione, differenza che intende esporre nelle sezioni successive.
Riferimento bibliografico:
Charles Sanders Peirce, Dalla sensazione al ragionamento, in Collected Papers, The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge (Mass.), 1931-1958, tr. it. di M.A. Bonfantini, L. Grassi, R. Grazia, Semiotica, Einaudi, Torino 1980, pp. 66-80.