Gianfranco Marrone affronta un nodo teorico decisivo: come distinguere ciò che appartiene all’ordine della testualità da ciò che rientra nella sfera dell’intertestualità. Questo interrogativo, osserva, è astratto solo in apparenza. All’interno delle pratiche discorsive concrete, ogni configurazione culturale implica una continua negoziazione tra testo e intertesto, per decidere cosa debba essere considerato una manifestazione diretta del senso e cosa invece un discorso a esso connesso, secondo gradi diversi di distanza, pertinenza e struttura.
In questa prospettiva, Marrone sottolinea che il problema non è solo teorico, ma riguarda anche la disciplina stessa della semiotica. Essendo una pratica culturale con una propria configurazione storica, sociale e testuale, anche la semiotica è sottoposta alla stessa dinamica: deve definire continuamente le proprie soglie epistemologiche. Decidere cosa intendere per testo significa, in ultima analisi, stabilire il campo d’azione della disciplina.
Marrone contesta con forza l’idea che abbandonare il testo in nome delle pratiche comporti un’espansione della semiotica. Al contrario, osserva, si tratta di un restringimento. Oltrepassare la testualità — così come la semiotica l’ha costruita — significa rinunciare alla pertinenza teorica che essa garantisce. Il rischio è quello di perdere l’identità disciplinare, soprattutto in confronto ad altri saperi — come la filosofia, la sociologia, l’etnologia — che possiedono una maggiore solidità istituzionale ed epistemologica.
È per questo che Marrone insiste sull’idea di un’“invenzione del testo”. Inventare il testo, secondo lui, è il gesto costitutivo del semiologo. Un gesto che si articola in tre movimenti:
- Produrre modelli testuali espliciti e rigorosi, capaci di guidare l’analisi.
- Individuare, nelle culture, testi-oggetto da assumere come empiria semiotica costruita.
- Garantire una continua reinvenzione delle realtà testuali, attraverso operazioni di risemantizzazione e bricolage, che permettono di dare nuova vita a materiali usurati o silenziati, generando contenuti culturali inediti.
Questa triplice funzione dell’invenzione testuale rappresenta, per Marrone, non solo una strategia metodologica, ma anche una sfida teorica e culturale. È attraverso tale gesto che la semiotica può continuare a produrre senso, riflessione e analisi nel campo sempre mutevole delle forme di vita, dei discorsi e delle pratiche sociali.
Riferimento bibliografico: Gianfranco Marrone, L’invenzione del testo. Appunti per una ricerca, in Versus, 103-105, 2008.