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Dalla scienza dei segni alla semiotica del testo. Il campo semiotico e le teorie della significazione

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Il senso dell’immanenza nella semiotica: fondamenti e aporie

Posted on 14 Giugno 202515 Giugno 2025 by semiotica.org

«Come diventa possibile conciliare l’immanenza con l’irruzione dell’imprevisto nella scena del senso?»

È da questa domanda che prende avvio la riflessione di Alessandro Zinna nel suo intervento sul primato dell’immanenza nella semiotica strutturale. L’autore esplicita fin dal principio l’intenzione di affrontare le nozioni di esplosione e evenemenzialità nei processi di significazione da una prospettiva che non le oppone necessariamente all’immanenza. Il paradosso si presenta infatti solo se si assume una certa vulgata del concetto stesso di immanenza: ovvero, se si considera l’oggetto della semiotica come “chiuso in se stesso”, diventa difficile giustificare l’irruzione di fattori esterni che introducano variazione o rottura.

Zinna decide allora di fare un passo indietro per ricostruire il concetto, mostrandone le molteplici accezioni e sottolineandone la portata teorica. Il suo obiettivo è duplice: da un lato, difendere il valore dell’immanenza come uno dei fondamenti della ricerca semiotica; dall’altro, proporne una ridefinizione che tenga conto delle trasformazioni più recenti nel pensiero strutturalista e post-strutturalista.

L’intervento si apre dunque con il riferimento a un dibattito contemporaneo che mette in discussione il principio stesso di immanenza. Tre sono, secondo Zinna, le nuove esigenze che sembrano minarne la tenuta:

  1. Il senso non è immanente al testo, ma si costruisce nel lavoro dell’interpretazione (Rastier);
  2. Un ritorno alla fenomenologia dell’esperienza e della percezione rimanda al trascendente del vissuto;
  3. La praxis enunciativa non è più vista come un semplice passaggio immanente dalle strutture narrative al discorso, ma come un atto produttivo situato nell’interazione.

Zinna sottolinea che le conseguenze di un simile ripensamento vanno ben oltre la messa in discussione di un concetto qualsiasi della teoria semiotica. L’immanenza, infatti, non è una semplice invenzione teorica tra le altre: essa costituisce «l’architrave su cui poggia ancora l’ipotesi post-strutturale o neo-strutturale», ossia quel paradigma teorico che da Saussure e Hjelmslev giunge fino a Lotman e Greimas.

Per questo motivo, l’autore rifiuta di trattare l’immanenza come un concetto intercambiabile o superabile. Piuttosto, intende mostrare che «vi sono in questi stessi ambiti accezioni diverse che sono attribuite di volta in volta all’immanenza». Il primo passo è dunque un lavoro di chiarificazione terminologica, volto a “districare questi sensi” per valutarne il peso teorico e gli effetti epistemologici.

Zinna non nega che le nozioni fondative della semiotica possano e debbano essere riconsiderate; ma insiste sulla necessità di sapere con precisione «quale senso si attribuisce a “immanenza”, ciò a cui si rinuncia e le conseguenze che questo comporta, prima di farne un concetto in disuso».

L’articolo prosegue, nei paragrafi successivi, con una genealogia del concetto attraverso la filosofia classica e contemporanea, per poi approdare al suo impiego nella semiotica hjelmsleviana e nella tradizione strutturalista. Ma già in questa introduzione si delinea l’orientamento generale della riflessione: più che un termine da abbandonare, l’immanenza è per Zinna una categoria da difendere, pur nella consapevolezza che essa debba oggi essere riformulata in modo più flessibile, soprattutto in rapporto alla variazione, all’imprevisto e all’interazione.


Riferimento bibliografico:

Alessandro Zinna, Il primato dell’immanenza nella semiotica strutturale, pubblicato in rete il 16 luglio 2008.


Tags:
Alessandro Zinna , Algirdas Julien Greimas , De Saussure , Hjelmslev , Immanenza , Jurij M. Lotman , Rastier

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