Nell’ultima tipologia delineata da Guido Ferraro, la soggettività non è più soltanto collettiva o intersoggettiva, ma si presenta come frammentata, plurima, instabile. È la soggettività del tempo della complessità: un’identità composita, fatta di elementi a volte persino incoerenti tra loro. Non una sintesi superiore, ma un intreccio dinamico e spesso contraddittorio.
Ferraro parte da una domanda provocatoria: davvero l’incontro tra soggetti e culture diverse genera sempre nuove sintesi più mature? O piuttosto stiamo imparando ad accettare, e persino ad apprezzare, forme di soggettività “traballanti”, interiormente scisse, eclettiche?
A sostegno di questa idea, Ferraro richiama le ricerche della sociologia della cultura e del consumo, in particolare i lavori di Gianpaolo Fabris. Il cosiddetto “consumatore postmoderno”, secondo Fabris (2003, 2008), si muove in modo disordinato, sincretico, instabile, polidimensionale. È un soggetto “turbulento”, scrive Ferraro, che sfugge ai modelli compatti e prevedibili dell’identità tradizionale.
Tuttavia, Ferraro prende le distanze da un certo allarmismo sociologico. A suo avviso, la semiotica è in grado di offrire un quadro interpretativo più robusto, perché non riduce la soggettività a somma di comportamenti individuali, ma la concepisce come effetto di un sistema complesso. Le ricerche sociologiche, afferma, tendono a leggere la soggettività multipla come “anomalia dell’individuo”, mentre la semiotica vi riconosce un funzionamento sistemico.
Ferraro cita, a sostegno di questa visione, un passaggio lotmaniano riportato da Gianfranco Marrone nel volume L’invenzione del testo (2010, p. 64):
“Una cultura è un insieme di lingue somiglianti ma diverse, asimmetriche, in dialogo e conflitto fra di esse, conviventi grazie a un meta–meccanismo culturale più ampio”.
Questa immagine suggerisce che la soggettività individuale non è un punto isolato, ma un percorso nella rete: ogni discorso, ogni posizione, si definisce rispetto a una mappa di posizioni culturali possibili, a una costellazione di soggettività collettive.
Ferraro propone un esempio emblematico: il discorso politico contemporaneo. Esso non segue più una linea argomentativa coerente, ma funziona come un tragitto che collega, ingloba e gerarchizza “proiettori di soggettività”presenti nello spazio sociale. Si tratta, in definitiva, di un montaggio strategico di punti di vista, resi compatibili solo nel momento dell’enunciazione.
Conclude che la semiotica, se assunta in questa prospettiva, può svolgere un ruolo decisivo nello studio della complessità culturale contemporanea. Proprio perché è attrezzata per pensare il molteplice, il disordinato, l’instabile.
Riferimento bibliografico: Cinque tipi di soggettività in semiotica, Guido Ferraro