La riflessione teorica contemporanea si confronta sempre più frequentemente con un intreccio concettuale tanto articolato quanto centrale: quello tra narrazione, esperienza e quotidianità. Gianfranco Marrone rileva che questo nodo non è solo una questione di metodo, ma riguarda direttamente il ruolo della semiotica nel tradurre le elaborazioni filosofiche in modelli interpretativi dei fenomeni sociali e culturali del presente.
A dispetto della sua duplice origine – linguistica e filosofica –, la semiotica ha sempre interrogato la narrazione nei suoi molteplici aspetti: meccanismi interni, valori sociali, effetti estetici, conseguenze pragmatiche. Marrone osserva come essa abbia ereditato l’impianto aristotelico e lo abbia integrato con le ricerche folkloriche, mediatiche, strutturaliste e fenomenologiche. La narrazione, in questo quadro, non è vista solo come struttura letteraria o discorso finzionale, ma come modello profondo dei sistemi culturali e ideologici: un principio organizzatore della significazione umana e sociale.
Questa impostazione ha reso possibile un’interpretazione narrativa delle pratiche concrete e delle esperienze vissute. Marrone sottolinea che la narratività è diventata una categoria esplicativa trasversale, migrata in numerosi ambiti disciplinari – dalla filosofia ermeneutica alla pedagogia, dalla psicanalisi alla semantica cognitiva – perdendo progressivamente la sua esclusiva connessione con la letteratura e la fiction.
Tuttavia, proprio questa espansione ha reso necessario un ripensamento critico. In più contesti si è iniziato a mettere in discussione la centralità della narrazione, proponendo modelli alternativi che ne contestano la pretesa universalità. Marrone ne individua alcuni esempi significativi: da un lato, l’ampliamento delle casistiche narrative, includendo esperienze sensoriali, passioni, spazialità e media digitali; dall’altro, una corrente critica che rigetta l’efficacia dei modelli narrativi classici – come il quadrato semiotico, il programma d’azione, le relazioni attanziali – per descrivere fenomeni continui, tensivi, affettivi o corporei. In questi contesti, il termine “esperienza” si impone come chiave interpretativa alternativa, capace di problematizzare anche la nozione di “testo”, accusata di ridurre l’indagine semiotica a fenomeni preconfezionati e istituzionalizzati, trascurando le fasi originarie e quelle d’uso della significazione.
L’esperienza del senso, nota Marrone, non si esaurisce nella narrazione e nella testualità, strutturalmente discontinui. A monte, vi sarebbero accadimenti corporei sfuggenti e indicibili, che danno forma progressiva alla significazione; a valle, le pratiche comunicative che ne determinano la circolazione, trasformazione e disgregazione. Questo spostamento porta a interrogarsi non solo sull’efficacia epistemologica della narratività, ma anche sulla sua pertinenza nei confronti dei nuovi oggetti della ricerca.
Alla luce di questo scenario, Marrone rileva un’esigenza diffusa nella comunità semiotica: un ritorno critico alle nozioni di narratività e testualità, ritenute talvolta superate ma ancora capaci di offrire strumenti metodologici e prospettive epistemologiche fondamentali. Una riflessione interna che, per Marrone, non può prescindere dalla vocazione transdisciplinare della semiotica e dalla sua curiositas verso l’attualità culturale.
Riferimento bibliografico: Gianfranco Marrone, Un nodo teorico: narrazione, esperienza, quotidianità