Gianfranco Marrone apre il secondo paragrafo di L’invenzione del testo. Appunti per una ricerca proponendo uno slogan che dà il titolo al suo saggio: «l’invenzione del testo». Egli stesso precisa: «Formula che, a dispetto della sua evidente banalità (ho contato nel mercato editoriale italiano più di duecento titoli che propongono “l’invenzione di” qualcosa), condensa molto bene – nella sua polisemia – il nucleo concettuale di quanto vorrei cominciare a dipanare adesso» (p. 238).
Marrone chiarisce subito che la polisemia riguarda tutti e tre i termini dell’espressione: «“invenzione”, “testo” e “del”» (p. 238).
a. Due significati di “invenzione del testo”
Innanzitutto, osserva Marrone, «“invenzione del testo” ha due significati diversi a seconda della natura soggettiva o oggettiva del genitivo “del”» (p. 238). Da un lato, il testo è «inventato», esiste dunque «qualcuno che inventa un oggetto-testo, per esempio un autore, un soggetto della creazione, un enunciatore etc.» (p. 238). È questa la prospettiva del genitivo oggettivo.
Dall’altro lato, invece, è il testo stesso a «inventare», a essere «un soggetto creativo che pone al proprio interno dei contenuti – per definizione – nuovi» (p. 238). È questa la prospettiva del genitivo soggettivo. Marrone chiarisce che, in questo senso, «il testo si costituirebbe solo inventando, per differenza produttiva rispetto alla desemantizzazione progressiva dell’esperienza sociale e individuale quotidiana, degli universi discorsivi stabilizzati» (p. 238). E aggiunge: «Il testo inventa e s’inventa per “esplosione”, direbbe Lotman. Il resto sarebbe pura grammatica, standardizzazione, stereotipia» (p. 238).
b. La doppia accezione di “invenzione”
Da qui, prosegue Marrone, «la necessità di discutere a fondo il termine “invenzione”, che vuol dire com’è noto due cose molto diverse» (p. 238-239).
Da una parte, «il significato moderno del termine», cioè «creazione ex nihilo di qualcosa che prima non esisteva, fabbricazione di un oggetto/strumento nuovo che tende a trasformare in modi più o meno radicali la nostra vita sociale e la nostra esperienza quotidiana» (p. 239). Marrone cita esempi come «“l’invenzione della bomba atomica”, “l’invenzione del telefonino”» (p. 239).
Dall’altra parte, invece, «sopravvive ancora – e senz’altro vorrei che accadesse nel mio titolo/slogan – il significato antico del termine, coniato come è noto nella tradizione retorica» (p. 239). Qui, «l’inventio non era affatto produzione dal nulla ma ritrovamento di qualcosa di già esistente, che forse era stato perduto o dimenticato» (p. 239). In questo senso, i luoghi comuni venivano «inventati» in vari contesti discorsivi «a partire da una memoria individuale o collettiva» (p. 239).
Marrone sottolinea quindi come parlare di «“invenzione del testo” vorrebbe dire assumere l’ipotesi per cui il testo si costituisce grazie a una doppia, concomitante operazione di scoperta e di creazione, di ritrovamento e di produzione, un far riemergere che è al tempo stesso un configurare» (p. 239). Marrone aggiunge che, in questo senso, «si dovrebbe forse invertire il percorso ermeneutico di Ricoeur, e affermare, per nulla paradossalmente, che è la riconfigurazione a essere primaria, laddove configurazione e figurazione si pongono sempre come successive» (p. 239). E conclude: «La celebre nozione di bricolage – da Lévi-Strauss a Floch – potrebbe essere molto utile in questo senso» (p. 239).
c. La definizione metalinguistica del termine “testo”
Per comprendere una simile affermazione, scrive Marrone, «occorre porsi il problema di una chiara definizione metalinguistica del termine “testo”» (p. 239). Egli osserva che tale definizione è «pressoché assente nel lavoro semiotico attuale», dove pure il termine «circola con una straordinaria frequenza» (p. 239). E denuncia che «assume il classico ruolo dell’ombrello sotto il quale parecchi sensi confliggono pacificamente» (p. 239).
Marrone individua, infine, «due significati di “testo”» che «oggi sembrano opporsi in modo evidente entro la pratica analitica di una semiotica che si vuole “del testo”», e da questa opposizione — conclude — «bisogna partire per sviluppare il nostro ragionamento» (p. 239).
Riferimento bibliografico: Gianfranco Marrone, L’invenzione del testo. Appunti per una ricerca, in Versus, 103-105, 2008.