Nel concludere il suo contributo dedicato a Figure del corpo di Jacques Fontanille, Pierluigi Basso propone un’apertura storica: un’anticipazione, mai esplicitamente citata da Fontanille, contenuta negli scritti postumi di Ferdinand de Saussure.
Si tratta, nello specifico, di un passaggio in cui Saussure paragona il segno a un pallone aerostatico, osservando:
«Possiamo dominare il segno, seguirlo come un pallone nell’aria, con la certezza di riacciuffarlo, solo quando ci si è resi completamente conto della sua natura, ossia della sua natura doppia, dato che non consiste nell’involucro e nemmeno nello spirito, nell’aria-idrogeno che si è profusa all’interno e che di fatto a nulla varrebbe senza involucro» (Écrits de linguistique générale, p. 115).
Nel commento di Basso, il pallone rappresenta il sema nella sua totalità, mentre l’involucro è il soma. L’analogia non va letta in chiave riduttiva: Saussure non equipara il segno né al solo contenente, né al solo contenuto. È l’interezza del pallone – involucro e idrogeno insieme – a costituire il segno.
Questo esempio, osserva Basso, risulta straordinariamente tangente con le riflessioni di Fontanille. Come il sema, anche il segno incarnato teorizzato in Figure del corpo è irriducibile alle sue componenti e mantiene una connessione esperienziale. Saussure, pur nella sua operazione di autonomizzazione del fatto linguistico, non perde mai di vista l’importanza dell’«abbordare» gli oggetti e del radicamento sensibile delle componenti del segno.
Tuttavia, Basso mette in guardia da una lettura forzata di questo «carattere incarnato» del segno saussuriano. Infatti, nel Cours, prevale l’idea di un segno costituito da due facce psicologiche (immagine acustica e immagine mentale). Eppure, negli scritti minori, emergono intuizioni che suggeriscono una concezione più complessa, dove il valore differenziale del segno è diverso da quello che caratterizza le mosse discorsive.
Proprio qui la semiotica del corpo può offrire, secondo Basso, un contributo decisivo: aiutare a ripensare non solo la natura doppia del segno, ma anche quella del valore, distinguendo tra un valore posizionale, proprio della lingua, e un valore fenomenologico, legato all’investimento tensivo del soggetto.
Una distinzione che – ricorda Basso citando Marsciani – era già stata individuata da Jean Petitot in un testo del 1985 dedicato al tema del figurale e dell’immaginario come “carne”.
Riferimento bibliografico:
Pierluigi Basso, «Figure del corpo» di Jacques Fontanille, in E|C