Può esistere un senso che non sia linguistico? Un senso che preceda o ecceda la parola, ma che nondimeno si dia come forma significativa? È questa la domanda con cui Patrizia Violi apre la sua riflessione per una proto-semiotica, cioè per uno studio delle forme di semiosi che precedono o si intrecciano al linguaggio strutturato.
Contro una lunga tradizione filosofica e linguistica che identifica il senso con la lingua, Violi richiama l’urgenza di riconoscere che siamo “significati” anche in altri modi. In questa linea, Roland Barthes è citato per la sua affermazione secondo cui non siamo tanto padroni del linguaggio, quanto parlati dalla lingua stessa. Ma, si chiede Violi, non siamo forse anche “significati” attraverso forme sensibili che coinvolgono i sensi, il corpo, la percezione?
La visione logocentrica
La tradizione filosofica, ma anche la semiolinguistica inaugurata da Ferdinand de Saussure, ha spesso sostenuto che il senso coincida integralmente con il linguaggio. Celebre è il passo del Cours de linguistique générale in cui Saussure definisce il pensiero, privo di linguaggio, come una massa amorfa indistinta, una nebulosa in cui nulla è ancora differenziato. Senza segni, aggiunge, “saremmo incapaci di distinguere due idee in modo chiaro e costante”. Il linguaggio agisce dunque come un dispositivo di taglio e di forma, che struttura due masse amorfe – quella dei suoni e quella dei contenuti – rendendole pensabili.
Questo schema, prosegue Violi, si fonda su una forte opposizione eidetica tra continuo e discreto: prima del linguaggio, il mondo è un flusso indistinto, mentre è solo con l’intervento della lingua che si dà il pensiero come tale. Ma è davvero così?
Semiosi oltre il linguaggio
Violi osserva che, se questa visione saussuriana ha dominato la semiotica strutturale, non è l’unica possibile. La posizione di Charles Sanders Peirce, ad esempio, è radicalmente diversa: egli individua processi di natura semiotica persino nei fenomeni naturali, come la rotazione dei girasoli o il fluire dei fiumi. Questo contrasta nettamente con l’idea che tutto ciò che precede la lingua sia pre-semiotico e amorfo.
La tendenza logocentrica, osserva Violi, ha prodotto un occultamento della complessità dei nostri reali comportamenti comunicativi, in cui intervengono linguaggi altri: gesti, suoni, immagini, intonazioni, posture. La nostra “vita semiotica” quotidiana è fatta di una pluralità di canali e di testi sincretici, in cui il linguaggio verbale è solo una componente – spesso nemmeno quella predominante.
La comunicazione multimodale
La nozione di “testo”, in semiotica, non si limita infatti alla lingua. Anche una sequenza interattiva può essere considerata un testo. In questa prospettiva, il “senso” si realizza in molteplici modalità espressive: la comunicazione orale, per esempio, non è mai puramente linguistica, ma include sempre elementi cinesici, prossemici, ritmici, affettivi. Persino la lettura di un testo scritto implica una componente visiva – la forma grafica – che eccede la pura struttura linguistica.
In sintesi, sostiene Violi, bisogna riconoscere che il senso si manifesta secondo modalità molteplici, e che un approccio riduttivo, fondato sull’idea che solo il linguaggio strutturato sia semiotico, non riesce a dar conto della complessità delle nostre pratiche comunicative.
Verso una proto-semiotica
L’obiettivo del saggio è allora quello di riflettere sulle forme di senso precedenti al linguaggio, in vista di una definizione di proto-semiotica prelinguistica. Non si tratta di una ricerca puramente teorica, né di una speculazione sulle origini remote della semiosi. Al contrario: le configurazioni del senso arcaico sono ancora presenti e attive nella nostra esperienza. Parlare di “senso prelinguistico” in senso cronologico sarebbe dunque fuorviante; più adeguato è pensare a una coesistenza di regimi di senso diversi.
Un esempio illuminante è quello dell’escursione in montagna: la pianificazione del percorso avviene attraverso segni complessi (mappe, descrizioni, icone), ma nel momento dell’arrampicata entra in gioco un diverso regime sensibile – propriocettivo, motorio, corporeo – che guida l’azione in modo non cosciente, ma non per questo non significativo.
Una forma di senso primaria
Questo “senso del corpo”, che agisce sotto la soglia della verbalizzazione, non può essere relegato al semplice livello sensoriale o percettivo. Esso costituisce una forma autonoma di semiosi, un modo di “dar senso al mondo” che si intreccia alla razionalità linguistica e la precede. Violi propone allora di cominciare a descrivere questa “semiosi primaria”, per individuarne le forme, i modi e le condizioni di manifestazione.
Riferimento bibliografico: Patrizia Violi. Il senso prima del linguaggio. Appunti per una proto-semiotica