Per comprendere il senso e il valore dell’immanenza nella teoria semiotica strutturale, Alessandro Zinna propone di andare a ritroso, interrogando la tradizione filosofica. Il suo approccio non mira a una ricostruzione storica esaustiva, quanto piuttosto a una sorta di “lista della spesa” teorica: un promemoria delle radici concettuali da cui si è sviluppato il principio d’immanenza, a partire da ambiti non sospettabili di connivenza con la semiotica strutturale.
L’immanentismo ha una lunga genealogia, che si intreccia con il cosiddetto “pensiero razionale”. Zinna ricorda, citando Cassirer, come il distacco dal pensiero mitico coincida con l’affermazione di un atteggiamento discorsivo razionale fondato su un’evoluzione “immanente” dei pensieri, cioè su una consequenzialità interna che esclude il ricorso alla trascendenza. Cassirer individua in questa “conclusività” il punto di rottura con il mito: il pensiero greco inaugura un piano d’immanenza che si afferma sia nella filosofia che nella storiografia.
Il riferimento a Deleuze e Guattari permette di approfondire ulteriormente questa nozione. Nei loro scritti, e in particolare in Qu’est-ce que la philosophie?, essi oppongono l’immanenza alla trascendenza (religiosa) e alla referenza (scientifica). La filosofia si fonda sul “piano d’immanenza”, distinto dal piano di creazione proprio dell’arte e dal piano di referenza proprio della scienza. In questa tripartizione, la scienza cerca funzioni costanti e variabili e si fonda sulla “presupposizione di esistenza” (Barthes), mentre la filosofia e l’arte lavorano sulla costruzione di concetti e percetti. Il piano immanente, afferma Deleuze, non è un concetto, ma «l’immagine della pensée», la sua orientazione.
Anche il discorso storico si muove tra un piano di referenza (gli eventi accaduti) e un piano d’immanenza (le causalità costruite). L’esempio di Zinna è chiarissimo: l’enunciato “JFK è stato ucciso mentre sfilava per le vie di Dallas” appartiene all’ordine dell’evento; mentre “X ha sparato al Presidente ergo X ha provocato la morte di JFK” rientra già nella costruzione storica di una causalità.
In questo contesto, la semiotica hjelmsleviana si configura come il tentativo di conciliare immanenza e referenza. Secondo Zinna, la semiotica di Hjelmslev fonda la propria scientificità su due assunti: da un lato, si basa su un metalinguaggio immanente; dall’altro, si confronta con un oggetto (il linguaggio) che può essere trattato come piano di referenza. La teoria semiotica si pone così tra filosofia e scienza: mantiene un piano d’immanenza, ma costruisce un oggetto formale da analizzare.
Zinna distingue due accezioni principali dell’immanenza secondo Hjelmslev:
- L’immanenza come proprietà del metalinguaggio di descrizione;
- L’immanenza come limitazione del linguaggio-oggetto, ovvero:
- 2a) Chiusura dell’oggetto rispetto alle condizioni esterne e d’uso;
- 2b) Limitazione alle costanti, escludendo le variabili (langue contro parole, forma contro sostanza).
Nel passaggio centrale del testo, Zinna riporta due citazioni fondamentali dai Prolegomena di Hjelmslev. All’inizio, il linguista danese scrive che la teoria del linguaggio deve «evitare il punto di vista trascendente» e mirare a una «comprensione immanente del linguaggio come struttura autosufficiente». Ma nella parte conclusiva chiarisce che tale chiusura è temporanea e necessaria solo come misura epistemologica: l’immanenza «non implica una riduzione del campo visivo», bensì una «suddivisione delle difficoltà», in linea con la regola cartesiana di procedere dal semplice al complesso.
Zinna sottolinea come questa impostazione metodologica venga spesso fraintesa: l’immanenza non esclude la variabilità, ma rimanda semplicemente la sua analisi a una fase successiva. È un’epistemologia procedurale, non una dogmatica esclusione dell’extralinguistico.
Infine, nella chiusa dei Prolegomena, Hjelmslev afferma che l’immanenza ha fornito alla trascendenza «una base nuova e migliore»: si tratta dunque di un rapporto dialettico, non di una contrapposizione rigida.
Questa impostazione, osserva Zinna, è comune a molte scienze. Anche in fisica, per studiare una particella si chiude temporaneamente il sistema, per poi formulare congetture su scala più ampia. L’importante, allora, è definire il confine delle dipendenze: capire fino a dove si può considerare un oggetto come chiuso, e quando invece è necessario riaprire l’analisi agli imprevisti.
Riferimento bibliografico:
Alessandro Zinna, Il primato dell’immanenza nella semiotica strutturale, pubblicato in rete il 16 luglio 2008.