La semiotica, nel momento in cui affronta l’analisi di testi concreti — e in particolare di quelli artistici — si trova ad affrontare difficoltà di due ordini: difficoltà esterne, legate alla ricezione da parte di altre discipline, e difficoltà interne, connesse ai fondamenti stessi della teoria.
Diversi ambiti disciplinari manifestano resistenze nei confronti di un’analisi dei testi condotta in termini “scientifici”, come quella proposta dalla semiotica. Il punto contestato è che la semiotica sembri poter giungere a una descrizione, interpretazione o spiegazione certa dei testi, basata sulle regole generali del sistema di comunicazione e significazione cui appartengono, senza fare ricorso a elementi extratestuali.
Le obiezioni principali vengono sintetizzate come segue:
- a) non è vero che tutti i testi siano assimilabili alla nozione di linguaggio;
- b) non è vero che si possa interpretare un testo solo con il testo medesimo;
- c) non è vero che l’interpretazione raggiunta sia l’unica possibile;
- d) non è vero che l’analisi semiotica spieghi la particolarità del testo come fenomeno individuale;
- e) non è vero che possa esaurirne il senso.
A queste contestazioni vengono contrapposte risposte articolate. La prima riguarda la “semioticità” del testo: se è vero che un testo non è necessariamente solo un fatto semiotico, è altrettanto vero che è anche un fatto semiotico, in quanto oggetto di scambio culturale fra individui. Da ciò deriva la possibilità di un’analisi sub specie communicationis.
Quanto alla seconda obiezione, si osserva che un’interpretazione può partire anche da prospettive esterne al testo, ma sarà comunque possibile una lettura semiotica, proprio perché il testo è un oggetto semiotico.
Per rispondere alla terza e alla quinta obiezione, Calabrese richiama l’idea di Eco secondo cui non esiste una sola interpretazione, ma nemmeno ogni interpretazione è autorizzata. Il testo, definito “macchina semantica e pragmatica che richiede la cooperazione del lettore”, implica l’esistenza di un contenuto negoziabile fra autore e lettore. Esistono dunque limiti all’interpretazione, analogamente a quanto avviene in ogni disciplina scientifica, dove ogni descrizione è sempre condizionata da un punto di vista e da parametri di coerenza.
Per quanto riguarda la quarta obiezione, si riconosce che ogni testo, in quanto sostanza o processo, è una manifestazione individuale. Anche all’interno di un sistema come la lingua naturale, si identificano usi particolari — come lo stile — che possono essere compresi nella nozione di “idioletto”, o “socioletto” nel caso di individualità collettive.
Le difficoltà interne, invece, concernono la natura stessa dell’analisi semiotica. Sono individuate tre principali questioni:
- a) la necessità preliminare di definire il “linguaggio specifico” cui appartiene il testo;
- b) la necessità conseguente di determinare i tipi di segno utilizzati e le loro unità elementari;
- c) la non ovvietà dell’assimilazione di qualunque testo alla nozione di linguaggio.
In questo contesto viene proposta una semiotica dei processi, che non riduca l’analisi del testo a una mera applicazione della teoria generale, né si limiti a produrre classificazioni tipologiche. L’analisi dei testi dovrebbe rappresentare un banco di prova per la teoria, permettendole di evolvere e modificarsi. In questo senso, anche la semiotica si allinea a un orientamento epistemologico più ampio, condiviso da molte scienze contemporanee.
Riferimento bibliografico: Omar Calabrese, Il semi-simbolico, in Lezioni di semisimbolico, Protagon, Siena 2000, pp. 7–16.