La semiotica, per Ugo Volli, è come un microscopio: uno strumento capace di ingrandire porzioni minime della vita sociale per rivelarne dettagli altrimenti invisibili. Così Volli descriveva il lavoro dello studioso dei processi di significazione nella sua lectio magistralis tenuta all’Università di Torino nel 2019. Con pazienza e attenzione, la semiotica si confronta con testi e oggetti eterogenei — dalla pubblicità alla moda, dal gusto alla religione — per esplorare tanto le potenzialità quanto i limiti del proprio metodo.
In particolare, Volli ha dedicato parte della sua riflessione più recente a ciò che ha definito “le periferie del senso”. In Alla periferia del senso (2016), il semiologo ipotizza che il senso non si distribuisca in modo uniforme, ma si organizzi attorno a un “centro” e a una serie di periferie gerarchicamente distinte e interconnesse. Le periferie sarebbero quei luoghi — testuali, culturali o sociali — in cui il senso si presenta come non pienamente compiuto, distinto o condiviso. Volli sottolinea l’interesse teorico di questi spazi incerti, che meritano di essere esplorati non solo per la loro rilevanza sociale, ma per la loro stessa condizione problematica di senso.
Accogliendo questa prospettiva, Simona Stano individua nel corpo uno degli oggetti privilegiati di una simile esplorazione. Non si tratta solo di un tema attuale, al centro di trasformazioni profonde nelle società contemporanee, ma soprattutto di un oggetto teorico che, per la sua indeterminatezza e la sua mutevolezza, si colloca esattamente sulla soglia della semiosi.
Il corpo, scrive Stano, costituisce “la soglia stessa della semiosi”: un punto di passaggio in cui si incrociano le dimensioni sensoriali e cognitive, materiali e culturali, oggettive e soggettive. In questa prospettiva, l’indagine semiotica sulla corporeità non è solo un approfondimento tematico, ma un’occasione per rimettere in discussione i confini stessi del senso e per sperimentare i margini della teoria semiotica.
Questo spostamento d’interesse verso oggetti incerti, ambigui, apparentemente sfuggenti, consente dunque di interrogare i fondamenti metodologici della disciplina e di estendere la sua portata. Il corpo, in quanto fenomeno vissuto e rappresentato, inscritto in codici culturali e soggetto a pratiche discorsive, si rivela un campo fertile per comprendere come il senso nasca, si trasformi e venga interpretato.
La riflessione di Stano, in linea con quella del suo maestro, invita a spingere lo sguardo semiotico oltre gli oggetti canonici dell’analisi testuale, per aprirsi ai territori in cui il senso si forma nella tensione tra chiarezza e opacità, forma e materia, soggetto e mondo.
Riferimento bibliografico: Simona Stano, La soglia del senso. Il corpo come istanza semiotica, in «Il programma scientifico della semiotica», ottobre 2019, pp. 147–160.