Nella quinta configurazione della soggettività proposta da Guido Ferraro, il concetto chiave è quello di intersoggettività. Si tratta di una forma di soggettività che non coincide né con l’individuo isolato né con la collettività compatta, ma con la relazione dinamica tra soggetti, e con le pratiche che si costituiscono nel dialogo, nel confronto, nella trasformazione reciproca.
Ferraro osserva che, a partire dagli ultimi decenni del Novecento, si è assistito a un mutamento culturale profondo: da una concezione del reale come insieme di “oggetti dati” si è passati a una visione fondata su “oggetti socialmente costruiti”. Questo mutamento, secondo l’autore, si intreccia con l’affermazione della rete e dei suoi paradigmi comunicativi. A questo proposito cita Pierre Lévy: “la diffusione della rete rende banale la disponibilità dei dati informativi, ma sempre più preziosa la produzione di soggettività” (Lévy 1994, p. 26).
In parallelo con questa trasformazione, Ferraro rileva che si è fatta strada in semiotica una crescente attenzione per l’intersoggettività. Il concetto ha avuto larga diffusione soprattutto in psicologia, ma anche in semiotica è stato applicato in vari ambiti: dalla teoria dell’enunciazione alla teoria della narrazione, fino a giungere – in alcuni casi – all’ipotesi di una “inter–oggettività”.
Per illustrare il fenomeno, Ferraro propone una genealogia interna alla disciplina, evitando di richiamare autori esterni come Husserl o Merleau-Ponty. Fa riferimento a Lotman, per il quale l’identità culturale si fonda su una testualità intersoggettiva, e soprattutto a Lévi-Strauss, che pur non utilizzando il termine, ha fornito un modello chiave: nessun testo è generato in modo indipendente, ma è sempre trasformazione, riappropriazione, “remake” di altri testi.
Questa logica trasformativa, sostiene Ferraro, rispecchia la dinamica con cui ogni soggetto culturale costruisce la propria identità: non in opposizione, ma in rapporto all’identità dell’altro, in un intreccio continuo di appropriazioni, contese e negoziazioni. L’innovazione discorsiva, in questo scenario, è sempre il frutto di una relazione intersoggettiva.
Ferraro individua in questo passaggio un cambiamento radicale rispetto alla visione saussuriana-durkheimiana, che concepiva la soggettività come costruzione collettiva, sì, ma coerente, autonoma, non contrattata. L’intersoggettività, invece, implica relazioni aperte, definite nel confronto, e porta a una nozione più dinamica e attuale della soggettività. Ferraro richiama in questo senso gli studi di Eric Landowski, che hanno esplorato il ruolo dell’intersoggettività nelle interazioni sociosemiotiche e nei rapporti interculturali.
Questa visione è resa ancora più attuale dai fenomeni di ibridazione etnica e culturale. Le soggettività, spiega Ferraro, non si limitano ad affiancarsi o contrapporsi, ma si interdefiniscono. È proprio in questa zona d’intersezione che nasce l’identità contemporanea, e con essa la testualità multiprospettica. Non a caso, conclude, l’intreccio intertestuale coincide pienamente con la dimensione intersoggettiva.
Riferimento bibliografico:
Cinque tipi di soggettività in semiotica, Guido Ferraro