Nella quinta configurazione della soggettività proposta da Guido Ferraro, il concetto chiave è quello di intersoggettività. Si tratta di una forma di soggettività che non coincide né con l’individuo isolato né con la collettività compatta, ma con la relazione dinamica tra soggetti, e con le pratiche che si costituiscono nel dialogo, nel confronto, nella trasformazione reciproca.
Ferraro osserva che, a partire dagli ultimi decenni del Novecento, si è assistito a un mutamento culturale profondo: da una concezione del reale come insieme di “oggetti dati” si è passati a una visione fondata su “oggetti socialmente costruiti”. Questo mutamento, secondo l’autore, si intreccia con l’affermazione della rete e dei suoi paradigmi comunicativi. A questo proposito cita Pierre Lévy: “la diffusione della rete rende banale la disponibilità dei dati informativi, ma sempre più preziosa la produzione di soggettività” (Lévy 1994).
In parallelo con questa trasformazione, Ferraro rileva che si è fatta strada in semiotica una crescente attenzione per l’intersoggettività. Il concetto ha avuto larga diffusione soprattutto in psicologia, ma anche in semiotica è stato applicato in vari ambiti: dalla teoria dell’enunciazione alla teoria della narrazione, fino a giungere – in alcuni casi – all’ipotesi di una “inter–oggettività”.
Per illustrare il fenomeno, Ferraro propone una genealogia interna alla disciplina, evitando di richiamare autori esterni come Husserl o Merleau-Ponty. Fa riferimento a Lotman, per il quale l’identità culturale si fonda su una testualità intersoggettiva, e soprattutto a Lévi-Strauss, che pur non utilizzando il termine, ha fornito un modello chiave: nessun testo è generato in modo indipendente, ma è sempre trasformazione, riappropriazione, “remake” di altri testi.
Questa logica trasformativa, sostiene Ferraro, rispecchia la dinamica con cui ogni soggetto culturale costruisce la propria identità: non in opposizione, ma in rapporto all’identità dell’altro, in un intreccio continuo di appropriazioni, contese e negoziazioni. L’innovazione discorsiva, in questo scenario, è sempre il frutto di una relazione intersoggettiva.
Ferraro individua in questo passaggio un cambiamento radicale rispetto alla visione saussuriana-durkheimiana, che concepiva la soggettività come costruzione collettiva, sì, ma coerente, autonoma, non contrattata. L’intersoggettività, invece, implica relazioni aperte, definite nel confronto, e porta a una nozione più dinamica e attuale della soggettività. Ferraro richiama in questo senso gli studi di Eric Landowski, che hanno esplorato il ruolo dell’intersoggettività nelle interazioni sociosemiotiche e nei rapporti interculturali.
Questa visione è resa ancora più attuale dai fenomeni di ibridazione etnica e culturale. Le soggettività, spiega Ferraro, non si limitano ad affiancarsi o contrapporsi, ma si interdefiniscono. È proprio in questa zona d’intersezione che nasce l’identità contemporanea, e con essa la testualità multiprospettica. Non a caso, conclude, l’intreccio intertestuale coincide pienamente con la dimensione intersoggettiva.
Riferimento bibliografico:
Cinque tipi di soggettività in semiotica, Guido Ferraro