La semiotica, afferma Per Aage Brandt, ha come compito lo studio delle modalità con cui gli esseri umani articolano il loro vissuto immediato, trasformandolo in mondo, ossia attribuendo senso a certe sue porzioni. Questo processo di attribuzione non è astratto né arbitrario: è radicato in operazioni cognitive fondamentali, che Brandt definisce proto-sémiotiche. Il senso nasce, dunque, non in modo secondario o riflessivo, ma come effetto originario dell’esperienza stessa.
Quando riceviamo un’impressione sensoriale, la completiamo immaginando un contesto e uno stato di cose di cui essa rappresenta un frammento. Questo atto costitutivo è definito da Brandt iconico: consiste nell’inserire ciò che si vede o percepisce in una continuità visiva supposta, quasi automaticamente. «Le fait de voir relève déjà de l’imaginaire» – vedere è già un’attività immaginativa.
Tuttavia, se questa operazione iconica non riesce, se il percepito risulta dissonante o privo di continuità immediata, si attiva una seconda modalità di completamento: quella causale. In questo caso, l’esperienza viene spiegata postulando l’intervento di forze invisibili, che operano oltre il campo della percezione e appartengono al dominio del sapere e della conoscenza. Questa operazione, più lenta e riflessiva, è definita indiciale, in linea con la terminologia di Peirce, per cui un elemento dissonante viene interpretato come indice di un processo causale sottostante.
Infine, Brandt individua una terza forma di completamento semiotico, che si manifesta nei comportamenti espressivi. Attraverso gesti o espressioni corporee, un soggetto comunica la presenza di una dimensione mentale e immaginativa, indirizzandosi all’altro con un’intenzione. Questa forma performativa del senso genera un contenuto intersoggettivo, il cui statuto ontologico è radicalmente diverso da quello delle rappresentazioni iconiche o indiciali: non è né vero né falso, né probabile né improbabile. È un senso che vale – che “conta” nel momento in cui viene ricevuto da un altro soggetto.
Brandt propone come esempio emblematico il gesto del direttore d’orchestra rivolto ai musicisti: un atto performativo nel hic et nunc dell’azione, che non trasmette verità o probabilità, ma produce senso attraverso un’istruzione simbolica. In questo contesto, il simbolico «instruit» – istruisce –, e proprio in questo risiede la sua specificità: esso significa l’intenzione di un soggetto rispetto a un altro.
I tre registri individuati – iconico, indiciale, simbolico – non si riducono a un unico oggetto di studio semiotico, poiché corrispondono a operazioni materiali e cognitive differenti, a livello sia neuronale sia fenomenico. Per questo motivo, conclude Brandt, non è utile postulare un “segno” generico, dotato di espressione e contenuto, che li comprenda tutti. Per comprendere davvero la funzione semiotica dell’essere umano – comunicazione, linguaggio, discorso – è necessario indagare come un atto espressivo possa trasformarsi in contenuto epistemico. Il passaggio dall’espressione all’episteme, infatti, non va da sé.
Fonte: Per Aage Brandt, Sens et modalité – dans la perspective d’une sémiotique cognitive, in «Actes Sémiotiques», n. 117, 2014.