La semiotica appartiene a quella zona intermedia dei saperi che costituisce il campo delle scienze umane: discipline che non si fondano su teoremi o esperimenti, ma nemmeno su opinioni soggettive. È una scienza del senso, che indaga i modi in cui gli esseri umani producono, interpretano e condividono significati.
Come ricorda Ugo Volli, fin dal suo nome — semiotica o semiologia — la disciplina è stata definita in modi differenti e talvolta contrapposti: come scienza vicina alla linguistica o alla filosofia, alla critica culturale o alle scienze sociali. Alcuni, come Greimas sulla scia di Hjelmslev, hanno tentato di darle una forma rigorosa, fondata su principi e concetti formalizzati e interdefiniti, secondo il modello delle scienze logico-matematiche. Altri, come Saussure, ne hanno riconosciuto la vocazione empirica, orientata allo studio delle leggi che regolano i fenomeni di comunicazione e di significazione nella vita sociale.
Umberto Eco, seguendo Peirce, ha invece proposto una prospettiva filosofica: la semiotica come ricerca sulle condizioni di possibilità del senso. Barthes e altri ne hanno messo in luce la funzione critica, capace di smascherare le ideologie e le strutture di potere che si nascondono nei linguaggi della cultura.
Secondo Volli, per comprendere la semiotica è utile richiamare il concetto di “campo semiotico” introdotto da Eco: un vasto ambito culturale composto da testi e discorsi, pratiche interpretative e codificate, linguaggi, generi, tecniche espressive, messaggi e riscritture. È l’insieme dei fenomeni comunicativi che formano il mondo sensato — e sempre sociale — in cui viviamo: quella che Lotman definiva semiosfera.
La semiotica è, in questa prospettiva, il tentativo paradossale e sempre parziale di ritrovare l’ordine che rende leggibile e coerente questo universo di azioni e oggetti. Quando leggiamo, conversiamo, partecipiamo a un evento o guardiamo uno spettacolo, siamo in grado di interpretare ciò che accade e di collegarlo a valori, gusti e significati. È questa competenza interpretativa, condivisa e confrontabile, che costituisce il vero oggetto della semiotica.
Quanto ai suoi metodi, Volli sottolinea che essi non si riducono più a una rigida assiomatica. Pur beneficiando dell’eredità di formalizzazione dell’École de Paris, la semiotica funziona oggi come una cassetta degli attrezzi, secondo la celebre metafora di Wittgenstein: un insieme di strumenti diversi — modelli, concetti, procedure — tra cui il ricercatore sceglie, di volta in volta, quelli più adatti al tipo di analisi da compiere.
In sintesi, la semiotica è la disciplina che studia le condizioni di produzione e di comprensione del senso. Esamina il funzionamento dei linguaggi e dei segni nella vita sociale, cercando di rendere visibile l’ordine che regge la nostra capacità di interpretare il mondo e di comunicarlo agli altri.
Fonte: Ugo Volli, Presentazione della collana “I Saggi di Lexia”
