Nel cuore della Lectio Magistralis tenuta da Ugo Volli a Torino il 7 giugno 2019, emerge un’immagine decisiva: quella del microscopio. Volli la indica come il vero senso della sua presentazione, sottolineando che la semiotica funziona come quello strumento: permette di osservare ciò che la percezione ordinaria non rileva, portando alla luce strutture, relazioni e dettagli altrimenti invisibili.
La metafora, che l’autore pone al centro del discorso, non celebra soltanto la potenza analitica della disciplina. Volli insiste sui limiti dell’ingrandimento: ogni osservazione mediata da uno strumento modifica il suo oggetto, seleziona un campo visivo, amplifica alcuni elementi e ne oscura altri. Il microscopio, come la semiotica, è una lente che permette di vedere meglio, ma mai di vedere tutto. L’analisi dei segni non è neutrale: richiede di assumere consapevolmente la distanza, il fuoco e i parametri che rendono possibile l’osservazione.
La sua proposta è quindi una concezione operativa e critica della disciplina. La semiotica non è presentata come un sistema chiuso, né come una teoria che si impone sugli oggetti culturali, ma come un dispositivo d’osservazione, capace di far emergere configurazioni di senso grazie a un lavoro di precisione. Come avviene nei laboratori scientifici, anche nello studio dei fenomeni culturali — dalle comunicazioni di massa alle forme narrative, dalla retorica alle immagini — la chiarezza dipende dalla qualità dello strumento e dalla competenza dell’osservatore.
L’immagine del microscopio suggerisce inoltre che la disciplina non può sottrarsi ai propri vincoli: ogni ingrandimento implica la perdita di altre porzioni del campo; ogni messa a fuoco esclude ciò che rimane ai margini. Per Volli, questo non è un difetto, ma la condizione stessa della conoscenza semiotica. Studiare il senso significa accettare che l’osservazione sia sempre situata, orientata, modellata da un dispositivo concettuale.
La Lectio ricorda così che la semiotica non è una dottrina totalizzante, ma un insieme di pratiche che rendono leggibili fenomeni complessi. La sua forza sta nella capacità di mettere in luce la struttura dei messaggi, dei testi, delle immagini, delle narrazioni: un lavoro che richiede esattezza, cautela interpretativa e coscienza critica dei propri limiti.
L’analogia con il microscopio implica anche una responsabilità epistemologica: sapere che ogni osservazione è condizionata dal modo in cui la si effettua. Volli suggerisce che la semiotica deve essere consapevole dei propri vincoli e dei propri campi di applicabilità, riconoscendo che ogni ingrandimento produce inevitabilmente una perdita di contesto. In questo senso, il valore dell’analisi non deriva dalla pretesa di completezza, ma dalla capacità di illuminare porzioni del fenomeno rendendole leggibili e descrivibili.
La Lectio, attraverso questa immagine, restituisce la semiotica come un sapere operativo, che non pretende di esaurire il mondo dei segni ma di renderlo osservabile in modo rigoroso. Come il microscopio consente di vedere strutture altrimenti invisibili, la disciplina permette di accedere ai processi del senso, assumendo però sempre la consapevolezza dei limiti che ogni forma di osservazione porta con sé.
Fonte: Lectio Magistralis di Ugo Volli, “50 anni di Semiotica”, Università di Torino, 7 giugno 2019.
