Maria Giulia Dondero approfondisce concetto di testualizzazione come luogo di mediazione fra testo e pratica. Il problema di fondo consiste nel comprendere come la semiotica possa analizzare la dimensione effimera delle azioni e delle interazioni, senza perdere la solidità epistemologica garantita dal principio di immanenza.
La testualizzazione risponde a questa esigenza: essa designa l’insieme dei dispositivi — fotografie, video, registrazioni, appunti, trascrizioni — che rendono osservabile ciò che nella pratica è per sua natura fugace e non replicabile. Attraverso tali dispositivi, la semiotica può controllare e descrivere il dispiegarsi di un’azione, fissando momenti e sequenze che altrimenti si dissolverebbero nell’esperienza.
Mentre il testo è un oggetto chiuso e compiuto, la pratica è un processo aperto, in continua trasformazione. La testualizzazione permette di costruire un ponte metodologico tra queste due dimensioni, consentendo alla semiotica di affrontare il transitorio e il mutevole con strumenti di analisi coerenti. Essa diventa dunque una forma di mediazione semiotica, capace di tradurre l’azione in una traccia, mantenendone la dinamica e la densità significativa.
L’autrice sottolinea che la testualizzazione non è un semplice atto di registrazione, ma un vero e proprio processo di costruzione semiotica. Ogni scelta di inquadratura, di montaggio, di trascrizione o di annotazione implica una presa di posizione epistemologica: ciò che viene testualizzato non è mai neutro, ma sempre orientato da un punto di vista, da un’intenzione osservativa e da un contesto di enunciazione. In questo senso, la testualizzazione è essa stessa una forma di enunciazione: un atto che seleziona, ordina e produce senso.
Dondero precisa inoltre che le testualizzazioni multiple — fotografie, video, appunti — non rappresentano soltanto diverse forme di registrazione, ma differenti modalità di costruzione della pratica. Ognuna di esse mette in rilievo aspetti specifici: la fotografia cattura la postura e la disposizione spaziale; il video restituisce la temporalità e la gestualità; le note scritte organizzano la sequenza degli eventi e ne evidenziano le relazioni concettuali.
L’autrice invita quindi a considerare la testualizzazione come uno strumento di analisi e di controllo, che consente di passare dall’esperienza alla riflessione. La pratica, in quanto tale, è destinata a scomparire; la testualizzazione, invece, ne conserva le tracce e ne permette la ripresa analitica. In questo modo, la semiotica può mantenere la propria attenzione al senso senza rinunciare all’osservazione del mondo concreto delle azioni e delle interazioni.
La riflessione di Dondero assume una particolare rilevanza per le ricerche che si confrontano con le pratiche collaborative, i processi creativi o le dinamiche progettuali. In questi ambiti, la testualizzazione diventa il luogo in cui l’analisi semiotica incontra l’etnografia, la documentazione visiva e la riflessione sul gesto. Ciò consente alla semiotica di ampliare i propri oggetti senza abbandonare il proprio metodo: ogni pratica può essere trasformata in un testo osservabile, e ogni testo può restituire, attraverso la sua organizzazione, l’intelligenza della pratica che l’ha generato.
Riferimento bibliografico: Maria Giulia Dondero, Sémiotique de l’action: textualisation et notation, in Actes Sémiotiques, n. 121, 2018.
