Jean Petitot individua nei modelli morfodinamici uno strumento privilegiato per integrare la semiotica greimasiana con le matematiche delle discontinuità elaborate da René Thom. Questi modelli, già impiegati con successo in fonologia, permettono di rappresentare le strutture del senso come morfologie naturali dotate di una dinamica interna.
Dalla fonologia alla semiotica
Petitot ricorda che la fonologia costituisce il campo esemplare in cui i modelli morfodinamici trovano applicazione rigorosa: dalle analisi audio-acustiche, alla percezione fonetica (categorica e non lineare), fino alla descrizione dei sistemi fonologici delle lingue naturali. Il trasferimento alla semiotica è dunque legittimato dal fatto che la stessa semiotica strutturale nasce, storicamente, da un trasferimento concettuale della fonologia alla linguistica e alle scienze del senso.
Intensivo ed estensivo: due ordini di tensività
Il cuore di questa formalizzazione è la dialettica fra intensività ed estensività. Nei modelli morfodinamici, questa dialettica si articola in due ordini di tensività.
1. Tensività interna o del primo ordine
Nelle scienze naturali, i sistemi dinamici si fondano spesso su un principio di ottimizzazione, tipicamente la minimizzazione di un’energia potenziale. Allo stesso modo, nei modelli morfodinamici i valori posizionali (le “places” occupate da termini o sèmes) sono generati da un potenziale che determina simultaneamente le posizioni e le soglie che le separano. I minimi del potenziale rappresentano le posizioni stabili, mentre i massimi o le creste rappresentano le soglie di passaggio. La profondità dei minimi e l’altezza delle soglie sono grandezze intensive, e costituiscono la tensività interna. Questa formalizzazione anticipa matematicamente l’idea, introdotta da Claude Zilberberg negli anni ’80, di una tensività sottostante ai sèmes, fatta di proprietà dinamiche.
2. Tensività esterna o del secondo ordine
Variando i parametri che controllano il potenziale, si può modificare l’insieme delle relazioni interne di intensità. In certi casi, tutte le posizioni si fondono in un unico minimo “degenere” che contiene in potenza più posizioni distinte. Questa condizione è instabile e tende a risolversi in una configurazione differenziata: è il dispiegamento (déploiement) della singolarità.
Qui interviene la tensività del secondo ordine, legata non più alle intensità interne, ma ai gradi di instabilità/stabilità e di degenerazione. I parametri che controllano questo processo sono estensivi e definiscono uno spazio esterno del dispiegamento universale, all’interno del quale esistono regioni particolari — le stratificazioni (strates) — che rappresentano stabilizzazioni parziali. La geometria di queste stratificazioni produce la morfologia stessa del sistema.
Dalla teoria alla semiotica tensiva
Questa distinzione fra due ordini di tensività si ricollega direttamente alla riflessione di Zilberberg e Fontanille in Tensione e significazione (1998). L’intensità “critica” del secondo ordine, che raggruppa instabilmente più posizioni, corrisponde a quella che gli autori chiamano “intensività senza diffusione”. Una volta dispiegate e stabilizzate, queste instabilità si traducono nelle tensività del primo ordine, che sono invece “con diffusione” e governano le relazioni locali.
Funzione semiotica dei dispiegamenti
I dispiegamenti universali non sono soltanto costrutti matematici: essi schematizzano molte relazioni fondamentali della semiotica greimasiana.
- La conversione fra opposizioni semiche e ruoli attanziali si rappresenta assegnando i sèmes alle soglie e gli actants alle posizioni minime, rendendo complementari i due livelli.
- Le relazioni di congiunzione e disgiunzione corrispondono, dinamicamente, a catture o separazioni fra posizioni.
- La proiezione del paradigmatico sul sintagmatico, ossia la trasformazione di un sistema di valori in una sequenza di azioni, si realizza attraverso traiettorie nello spazio esterno, che attraversano le stratificazioni e modificano le relazioni attanziali.
- L’introduzione di una polarizzazione delle stratificazioni (attrattive o repulsive) permette di modellare la dimensione forica (euforia/disforia) e timica, dove i Destinatori polarizzano lo spazio delle azioni in funzione di valori e ideologie.
Petitot mostra così come, grazie ai modelli morfodinamici, la semiotica possa passare da una rappresentazione puramente formale a una rappresentazione dinamica, dove le strutture del senso sono viste come campi di forze e configurazioni topologiche in trasformazione.
Riferimento bibliografico: Jean Petitot, Phénoménologie de la structure, in Greimas aujourd’hui : l’avenir de la structure.