La pubblicazione del Cours de linguistique générale avviene nel 1916, a Parigi, come opera postuma che raccoglie le lezioni tenute da Ferdinand de Saussure tra il 1907 e il 1911. Carlo Sini ricorda che il libro, nonostante la sua portata teorica, impiegò quarant’anni prima di essere riconosciuto come testo capitale. La svolta giunge intorno al 1956, quando figure come Merleau-Ponty, Lévi-Strauss e Roland Barthes attirano l’attenzione del mondo culturale sul Cours.
Per Sini, l’influenza dell’opera è straordinaria: non riguarda soltanto la linguistica ma investe anche la filosofia, le scienze umane e ciò che verrà identificato come movimento strutturalista. La domanda che guida la ricostruzione di Sini è diretta: che cosa rende rivoluzionario il Cours?
Il punto di avvio è la constatazione che “una scienza linguistica vera e propria” non esisteva ancora prima di Saussure. La disciplina comincia a delinearsi quando si affronta il problema della “vita della lingua”, momento in cui, come riporta Sini, la lingua non viene più considerata un organismo che si sviluppa per sé, ma “un prodotto dello spirito collettivo dei gruppi linguistici”.
Da qui emerge il problema centrale: qual è l’oggetto della linguistica? Sini mostra quanto la questione sia complessa: che cos’è una parola? Un suono? L’espressione di un’idea? Ogni punto di vista modifica ciò che si definisce “linguaggio”. Per questo Saussure osserva che “l’oggetto stesso, lungi dal precedere il punto di vista, si direbbe creato dal punto di vista”.
Secondo Sini, il fenomeno linguistico presenta fin dall’inizio una struttura ambigua. Elenca quattro differenze radicali che, tuttavia, non possono mai essere separate: la differenza tra impressioni acustiche e articolazione vocale; la differenza fra suono e idea; la differenza fra il lato individuale e quello sociale; la differenza fra la lingua come sistema stabile e la lingua come prodotto storico. Il linguaggio è, così, un fenomeno complesso che coinvolge simultaneamente dimensioni fisiche, fisiologiche, psichiche, individuali e collettive.
La domanda sulla “vita della lingua” si approfondisce quando Sini introduce ciò che Saussure chiama la “vita dei segni”. Qui il testo rileva due punti decisivi. Il primo: la vita dei segni non dipende dalla volontà individuale o sociale, poiché gli individui si trovano già collocati in essa. Il secondo: i segni, pur sfuggendo alla volontà, sono fenomeni essenzialmente sociali, perché arbitrari e convenzionali.
A partire da questa constatazione Saussure, ricorda Sini, arriva a concepire la possibilità di una scienza generale dei segni: la semiologia. La lingua vi appare come il suo caso più importante, e lo studio del linguaggio come tale diventa possibile solo “afferrando anzitutto ciò che essa ha di comune con tutti gli altri sistemi dello stesso ordine”. La linguistica, in questa prospettiva, non precede la semiologia: vi è contenuta.
Sini sottolinea che proprio questa impostazione colloca il Cours all’inizio di una nuova epoca. Saussure mostra che per comprendere il linguaggio non bisogna partire dai fenomeni materiali, come l’apparato fonatorio, ma dal segno, dalla sua natura arbitraria e dalla sua appartenenza alla vita sociale. È qui che i passaggi fondamentali della riflessione di Saussure cominciano a rendere possibile una “scienza del linguaggio” nel senso moderno.
A partire dalla centralità del segno e dalla possibilità di una scienza che ne studi la vita sociale, Sini riconosce la portata teorica del Cours: la lingua emerge come un sistema formale, governato da relazioni interne e non da corrispondenze naturali. Questa trasformazione del modo di pensare il linguaggio fonda non solo la linguistica strutturale, ma l’intera stagione metodologica che ne seguirà.
Riferimento bibliografico: Carlo Sini, Semiotica ed ermeneutica nel pensiero contemporaneo, Libreria Cortina, Milano. Anno accademico 1977–1978.
