Nel dominio delle scienze del linguaggio, il problema della tipologia testuale si presenta come un nodo ineludibile e tuttavia irrisolto. Secondo Lttr 13 *, benché le classificazioni ritornino ciclicamente, la loro costruzione appare difficile, eterogenea e sovente contestata persino da coloro che se ne fanno promotori.
La difficoltà del progetto tipologico emerge chiaramente negli scritti di autori come Bachtin, che già negli anni Ottanta metteva in dubbio la possibilità di individuare una base comune per l’analisi della varietà dei generi discorsivi. Egli sottolineava l’estrema eterogeneità di questi generi, riconoscendo la complessità che comporta ogni tentativo di definire un tratto generale dell’enunciato.
Malgrado tali riserve, Lttr 13 osserva che la tipologia rimane una tappa necessaria: è infatti inevitabile designare e qualificare gli oggetti analizzati. Tuttavia, i criteri di categorizzazione variano sensibilmente in base sia ai quadri disciplinari adottati sia alla natura delle evidenze linguistiche, testuali o sociali prese in considerazione.
Gli autori propongono una sintesi utile delle principali forme di raggruppamento tipologico, distinguendo quattro modalità:
- Classificazioni situazionali, che si basano sulle condizioni di produzione e i contesti dei testi. Un esempio celebre è quello di Havránek (1932), il quale distingue quattro funzioni della lingua standard (conversazionale, lavorativa, scientifica, poetica), associate ad altrettanti “dialetti funzionali”. Questo approccio, proprio della scuola di Praga, trova corrispondenza nella nozione anglosassone di “registro” (Biber 1988; Biber & Conrad 2009).
- Classificazioni funzionali, incentrate sulle funzioni comunicative o illocutive. Il modello di Bühler — funzione espressiva, rappresentativa e appellativa — è assunto come fondamento da diverse tipologie, come quella di Reiss (1981), che distingue testi espressivi, informativi e operativi. Questo modello assume come criterio discriminante la funzione comunicativa realizzata dal testo scritto.
- Classificazioni tematico-composizionali, derivate dalla prospettiva di Bachtin, che focalizza l’attenzione sulle regolarità tematiche, stilistiche e compositive dei testi. In quest’ambito, Rastier ha proposto una riformulazione che evidenzia la natura metalinguistica dell’attività tipologica: si classificano non dati empirici, ma costrutti teorici esplicitati nei loro parametri di costruzione.
- Classificazioni modali, basate su “modi” macro-composizionali come narrazione, argomentazione e descrizione. Secondo Adam, questi modi non sono esclusivi, ma coesistono con un “modo dominante di textualisation”, che governa gli altri all’interno del testo. La teoria modale è utilizzata anche dal linguista slovacco Mistrík.
Come osserva Foucault, le suddivisioni adottate nei processi di classificazione non sono mai neutre, ma costituiscono esse stesse delle categorie riflessive, dotate di valore normativo e legate a pratiche istituzionalizzate. Di conseguenza, nelle pratiche reali dei tipologi si ricorre spesso a tassonomie ibride, e i termini impiegati — tipi, generi, forme, modi, registri — restano concettualmente instabili anche all’interno dello stesso ambito disciplinare.
Lttr 13 evidenzia infine che i tentativi tipologici sono generalmente un misto di induzione — che cerca di generalizzare a partire da dati eterogenei — e di speculazione teorica debole, mentre le forme di teorizzazione forte restano rare. Un’eccezione significativa è rappresentata dall’approccio elaborato da Greimas.
* Lttr 13 è un autore collettivo che riunisce Sémir Badir, Stéphane Polis e François Provenzano, docenti e ricercatori presso l’Università di Liegi (Belgio).
Riferimento bibliografico: Lttr 13, Narration et argumentation, in Greimas aujourd’hui : l’avenir de la structure, Université de Liège