Anna Maria Lorusso individua nel Trattato di semiotica generale una concezione della comunicazione sorprendentemente articolata e moderna, ben più complessa della caricatura informazionale che spesso gli è stata attribuita. Rileggendo Eco, l’autrice sottolinea come il Trattato proponga una teoria della comunicazione fondata su prassi, manipolazione, codici e testi, in netto contrasto con i modelli trasmissivi semplicistici.
Uno dei punti chiave messi in evidenza riguarda la struttura dei codici. Secondo Eco, essi non sono sistemi binari rigidi, ma veri e propri alveari di sottocodici. Ogni codice può essere scomposto in ulteriori unità, a volte persino istituite ex novo. Questo significa che comunicare non è mai scegliere un solo codice, ma attraversare un reticolo articolato di alternative, selezionando ogni volta un percorso possibile all’interno di una rete semantico-pragmatica.
In secondo luogo, i codici descritti nel Trattato non sono esclusivamente criteri semantici, ma sono anche — e già chiaramente — criteri pragmatici. Organizzano non solo la correlazione tra espressione e contenuto (cioè tra piano dell’espressione e piano del contenuto), ma anche sintagmi, ossia combinazioni che operano su uno sfondo contestuale, situato. In questo senso, i codici correlano marche che non sono semplici segni, ma interpretanti: risposte comportamentali, ostensioni, emozioni. Da ciò deriva che chi comunica deve possedere una competenza globale, non riducibile alla sola semantica, bensì culturalmente e pragmaticamente fondata.
Il terzo aspetto evidenziato è che la comunicazione avviene principalmente attraverso testi, e i testi, in quanto segni complessi, sono costruzioni culturali dense. Questo implica che per poterli comprendere è necessario procedere a una loro articolazione in unità pertinenti, dunque serve interpretazione.
Eco parla di comunicazione come pratica o prassi, e questo è un dato terminologico che, secondo Lorusso, ricorre più spesso del termine “interpretazione” nel Trattato. Si tratta di un comportamento in cui si manipolano — termine usato esplicitamente da Eco — unità complesse, e non si trasmettono semplicemente contenuti da un punto A a un punto B.
In questo quadro, la comunicazione non è mai un semplice scambio di informazioni, ma una operazione culturale complessa, che implica codici stratificati, contesti situati e atti testuali. È già, in altri termini, un processo, e non una trasmissione lineare. Una semiotica della comunicazione, così intesa, appare quindi già, nelle sue linee fondamentali, come una semiotica della cultura.
Fonte: Anna Maria Lorusso, Tavola rotonda sull’eredità del “Trattato di semiotica generale” di Umberto Eco, organizzata in occasione del XXXIV congresso dell’Associazione Italiana di Studi Semiotici (AISS) nel 2006.