La percezione viene descritta da Bondì e La Mantia come un processo che non si limita a registrare forme sensibili, ma che comporta già una dimensione espressiva e valutativa. Seguendo Merleau-Ponty, gli autori sostengono che ogni forma percepita dipende da condizioni di apprensione che ne delimitano la possibilità di apparire. Ciò implica che la percezione culturale non sia mai neutra: ciò che emerge al soggetto è sempre compreso entro un quadro pratico che orienta la significazione. La percezione è dunque interpretata come struttura “espressiva”, dotata di una propria funzione semiogenetica, capace di organizzare ciò che appare in termini di senso e di valore .
Secondo questa prospettiva, ogni configurazione percettiva è già un’espressione: non semplicemente un insieme di dati, ma il risultato di un’interazione tra il campo fenomenico e le disposizioni corporee, cognitive e pratiche del soggetto. L’apparire di una forma implica sempre un orientamento, un modo di cogliere ciò che viene percepito come parte di una scena dotata di coerenza interna. La percezione non si limita a esporre un contenuto: ne struttura la dimensione significante attraverso l’articolazione di relazioni, distinzioni e salienze che definiscono il profilo stesso dell’esperienza.
Bondì e La Mantia insistono su un punto decisivo: ciò che viene percepito non è mai un puro dato, ma si presenta come espressione di una disposizione pratica. È questo carattere vincolato dell’apprensione a rendere la percezione un luogo cruciale della costituzione del senso. Non si tratta di attribuire intenzioni o interpretazioni successive all’esperienza percettiva, ma di riconoscerne la struttura originariamente orientata, in cui ciò che appare assume significato in quanto inserito in una rete di possibilità di azione, di uso e di attenzione.
Questa concezione permette di comprendere perché la percezione culturale debba essere pensata come una forma di percezione vincolata: ogni cultura modella non soltanto ciò che viene interpretato, ma anche ciò che può essere percepito. La percezione, per questa ragione, non precede la semiosi: ne costituisce una delle condizioni fondamentali. L’identità tra forma espressiva e forma percepita diventa così il punto di avvio di una semiogenesi, intesa come processo in cui il significato emerge insieme alla configurazione stessa dell’oggetto.
Inserita in questo quadro, la percezione si configura come un campo di senso in cui il soggetto incontra ciò che appare non come semplice fenomeno, ma come articolazione di possibili significati. È in questo intreccio tra corpo, orientamenti pratici e configurazioni percettive che la semiotica fenomenologica individua la dinamica primaria della significazione.
Riferimento bibliografico: Phenomenology and semiotics: crossing perspectives, Antonino Bondì e Francesco La Mantia, in «Metodo. International Studies in Phenomenology and Philosophy», Vol. 3, n. 1 (2015).
