Umberto Eco dedica una parte rilevante della sua analisi della semiotica peirciana al concetto di ground, una categoria fondamentale per comprendere la struttura del segno e il suo funzionamento rappresentativo. Il ground è ciò che collega il segno al proprio oggetto, attraverso un profilo specifico o un carattere condiviso. È, nelle parole di Peirce, “una sorta di idea” che definisce in base a quale aspetto un segno rappresenta qualcosa.
Nel 1867, Peirce aveva già formulato questa intuizione, pur senza svilupparla pienamente. Quando un segno come “stufa” viene usato in una proposizione come “questa stufa è nera”, esso è associato a un “attributo generale”. Questo attributo, chiamato anche “qualità”, costituisce il ground del segno, cioè il carattere specifico che viene selezionato per mettere a fuoco l’oggetto sotto un certo rispetto.
Eco chiarisce che la qualità è, per Peirce, una “idea generale”, un “carattere attribuito”, un “intellegibile” che diventa generale “quando vi riflettiamo su” (CP 4.226). Nella prospettiva scotista a cui Peirce si richiama, una qualità può essere sia un individuo (quando è riferita a una cosa), sia un universale (quando è colta dall’intelletto). Il ground, in questa duplicità, agisce come selettore di pertinenze: tra tutti i possibili attributi dell’oggetto, ne isola uno e lo rende centrale nella rappresentazione.
Peirce scrive che i simboli che determinano i propri grounds di qualità attribuite – cioè i termini – sono “somme di marche” (CP 1.559). Questo significa che ogni termine contiene una struttura interna di tratti che ne definiscono il significato, in quanto connotazioni pertinenti. In questa prospettiva, il ground appare come una componente del significato stesso.
Eco aggiunge che il ground può essere inteso come una sorta di “diagramma scheletrico” o “abbozzo di profilo”dell’oggetto. Non è solo un tratto isolato, ma uno schema astratto che consente di immaginare le modificazioni necessarie perché uno stato di cose ipotetico possa essere realizzato. Peirce lo descrive così: “quali modificazioni l’ipotetico stato di cose richiederebbe per essere realizzato in quella immagine” (CP 2.227).
Per Eco, questa concezione del ground implica che esso non possa essere separato dal significato: entrambi sono “della natura di una idea” e partecipano della stessa funzione rappresentativa. “Il ground è ciò che può venire compreso e trasmesso di un dato oggetto sotto un certo profilo: è il contenuto di una espressione e appare uguale al significato (o a una componente elementare di esso)”.
La funzione del ground, dunque, è quella di guidare la selezione interpretativa: stabilisce quali caratteristiche dell’oggetto sono messe in rilievo e fornisce la base per la costruzione dell’Oggetto Immediato. Il ground non è una semplice proprietà, ma una forma di orientamento cognitivo, un principio di pertinenza semantica.
Riferimento bibliografico: Umberto Eco, Lector in Fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi, Milano, Bompiani, 1979.
