Secondo Traini, la semiotica di Peirce si configura come una semiotica cognitiva, fondata su una teoria della conoscenza che essa stessa contribuisce a delineare. Traini sottolinea che questa teoria della conoscenza è anzitutto anti-intuizionista, in quanto, per Peirce, «non esistono intuizioni prime che permettono una conoscenza speculare della realtà esterna», ma piuttosto continue inferenze, ipotesi e interpretazioni attraverso le quali ci si avvicina per approssimazione alla realtà. L’inferenza fondamentale, in questa prospettiva, è l’abduzione, «l’unica che ammettendo un apprezzabile margine di rischio consente maggiori potenzialità conoscitive della realtà».
Poiché la conoscenza è inferenziale, l’uomo deve servirsi di segni per attivare l’interpretazione. Traini spiega che, secondo Peirce, «l’oggetto è il primo motore della semiosi» (realismo di Peirce); tuttavia, i significati non sono generati passivamente dagli oggetti, ma si costituiscono grazie ai segni, che mediano tra gli oggetti e gli interpretanti. L’interpretante, precisa Traini, è «un segno che ci dice qualcosa in più rispetto al segno di partenza». Oggetto, segno e interpretante costituiscono, quindi, i tre poli della semiosi, intesa come «quella struttura triadica che non può in alcun modo risolversi in un rapporto tra coppie».
Poiché ogni interpretante può a sua volta generare altri interpretanti in una catena potenzialmente infinita, la semiosi è definita illimitata. Tuttavia, Peirce prevede «stadi intermedi di sospensione in virtù del ricorso all’interpretante logico-finale», che blocca temporaneamente il flusso della semiosi.
Nella classificazione dei segni proposta da Peirce, Traini individua una tricotomia fondamentale: simbolo, indice e icona. Il simbolo è un segno convenzionale; l’indice è «il segno motivato per contiguità fisica rispetto all’oggetto»; l’icona è «il segno motivato per somiglianza rispetto all’oggetto». Peirce, ricorda Traini, sottolinea come «il segno sia comunque un’entità stratificata», e quindi i segni convenzionali possono contenere margini di motivazione, così come i segni motivati possono contenere margini di convenzionalità.
Fonte: Traini, Stefano. Le due vie della semiotica: Teorie strutturali e interpretative (Strumenti Bompiani) (pp. 221-222). (Function). Kindle Edition.