Maria Giulia Dondero propone di affrontare la questione degli stili visivi generati dall’intelligenza artificiale attraverso la teoria della prassi enunciativa, una nozione sviluppata all’interno della semiotica continentale e, più precisamente, nella tradizione della Scuola di Parigi. Questa teoria fornisce il quadro concettuale per comprendere come un’immagine non sia mai un semplice oggetto isolato, ma un risultato che deriva da una serie di forme stratificate, sedimentate attraverso pratiche visive e culturali.
Dondero afferma che tale prospettiva è utile per analizzare sia un singolo dipinto – considerato come “una stratified form of other forms” – sia un intero corpus pittorico che presenta relazioni interne riconoscibili. La prassi enunciativa permette infatti di osservare in che modo un’immagine incorpori, rielabori e distribuisca forme provenienti da altre immagini o da tradizioni stilistiche, configurando un processo complesso di trasmissione e trasformazione dei modi di vedere.
All’interno di questa cornice, l’immagine è considerata come l’emergere di un gesto enunciativo: non una semplice rappresentazione, ma un atto attraverso cui si inscrivono posizioni, punti di vista, gesti figurativi, relazioni tra autore, osservatore e mondo figurato. Dondero sottolinea che tale metodologia non riguarda solo la pittura, ma può essere estesa a qualsiasi insieme di forme visive che mostri coerenza, dipendenze o variazioni riconoscibili.
La prassi enunciativa, inoltre, viene messa in relazione con il concetto di enregisterment, proveniente dall’antropologia linguistica. Questo parallelismo permette di evidenziare come le forme visive possano conoscersi e riconoscersi attraverso processi di sedimentazione, in cui un repertorio di gesti e tratti stilistici diventa progressivamente tipizzato, fino a costituire un registro stilistico condiviso e riconoscibile.
Applicata alle immagini pittoriche, questa teoria evidenzia dunque come ogni opera incorpori un sistema di forme preesistenti che la attraversano. Ma applicata ai corpus, essa mostra come i dipinti si richiamino reciprocamente, formando catene di variazioni, riprese, differenze pertinenti. È in questa logica che Dondero vede l’utilità della prassi enunciativa come “methodology of analysis” capace di descrivere il modo in cui le forme visive vengono elaborate, riprese o trasformate da opera a opera.
In questo modo, la teoria dell’enunciazione si rivela uno strumento per comprendere non soltanto la struttura interna delle immagini, ma soprattutto le relazioni tra immagini, le pratiche che le hanno generate e le modalità con cui esse diventano portatrici di stile all’interno di un campo visivo più ampio.
Riferimento bibliografico: Maria Giulia Dondero, Enunciative Praxis and Enregisterment in the Domain of Generative Artificial Intelligence.
