Per Aage Brandt definisce il testo come un segno composto di frasi. Poiché ogni frase configura la propria enunciazione, la sequenza di frasi all’interno di un testo richiede un’integrazione delle rispettive istanze enunciative. Tale integrazione genera una enunciazione transfrastica, cioè una sorta di voce continua che sostiene il testo nel suo insieme e gli conferisce coerenza e identità.
Questa voce, insieme alla coerenza semantica che attraversa le frasi, costituisce ciò che A.J. Greimas ha definito isotopia: una tematica unificata da una continuità spazio-temporale rappresentata, che permette al testo di riferirsi a una realtà (immaginaria o reale) dotata anch’essa di continuità spazio-temporale. Voce e isotopia, osserva Brandt, sono proprietà parallele e ugualmente essenziali per la costituzione di un testo. Qualora entrambe cambiassero simultaneamente in un punto, si parlerebbe di una frattura testuale. L’identità del testo risiede dunque in questa duplice continuità, enunciativa e isotopica, pur ammettendo variazioni non simultanee dell’una o dell’altra.
Un’altra caratteristica fondamentale del testo è il contenuto transfrastico, che si estende dal principio alla fine dell’opera. Il testo è un oggetto spazio-temporale delimitato: ha un inizio e una conclusione. In ambito letterario, questa finitudine è cruciale: non si può comprendere appieno il significato o l’effetto di un testo letterario prima che la lettura sia completata. Ed è proprio questa struttura finita, fondata sulla coerenza doppia (voce e isotopia), a permettere al testo scritto di entrare nel dominio più ampio dell’opera d’arte.
Brandt sottolinea che l’opera d’arte si distingue per la presenza di proprietà formali immanenti, fondate su un quadro deittico che separa l’opera dal mondo immediato. Questo distacco consente al lettore di accedere a un mondo alternativo, configurato formalmente e semanticamente. Proprio per questo motivo, si apre la possibilità di indagare in profondità che cosa possono realizzare le forme significanti e le strutture del contenuto, rimandandosi reciprocamente — sia nella poesia, sia nel racconto, nel dramma, e più in generale in tutto il campo delle attività artistiche, fino a estendersi all’interiorità dello spirito umano.
In questa prospettiva, la bellezza si rivela come un effetto semiotico: un risultato della relazione autoreferenziale e formale tra significante e significato, che in alcune opere riesce a produrre un effetto di singolarità doppia. Quando un contenuto risulta singolare proprio perché espresso in modo singolare, e quando il segno riesce a significare che “significa ciò che significa” in virtù della sua stessa forma, allora — conclude Brandt — ci troviamo davanti a una vera opera d’arte.
Riferimento bibliografico: Per Aage Brandt, Qu’est-ce que la sémiotique ? Une introduction à l’usage des non-initiés courageux, Case Western Reserve University, pubblicato in Actes Sémiotiques, Université de Limoges
