Per rendere conto degli oggetti della realtà esterna abbiamo bisogno di segni. Il segno costituisce il fulcro della semiosi, «in quanto media fra l’Oggetto e l’Interpretante: un segno è determinato da un Oggetto e genera un Interpretante». Il segno, secondo Peirce, deve prendere di mira l’oggetto, «illuminare sotto certi aspetti l’oggetto, coglierne delle qualità, costituirne un’idea fondamentale». La rappresentazione dell’oggetto non avviene «né per una costrizione dell’oggetto sulla mente né per un’immediata intuizione»: l’oggetto viene «illuminato» poiché viene interpretato, poiché su di esso si fanno delle ipotesi. Peirce introduce il concetto di ground come «ciò che viene selezionato e trasmesso di un dato oggetto sotto un certo profilo»: di fatto, un segno «sceglie solo certi aspetti dell’oggetto dinamico secondo precise scelte di pertinenza»
Riferimento bibliografico: S. Traini, Le due vie della semiotica, Bompiani, Milano 2001