Comunicare significa, a prima vista, trasmettere qualcosa da un soggetto a un altro. Ma, osserva Guido Ferraro, ciò che vogliamo comunicare — sentimenti, sensazioni, concetti, ricordi, ragionamenti — sono entità mentali che non possono essere trasferite fisicamente come si sposterebbe “un paio di forbici o un pacco contenente un panettone”.
È da questo paradosso iniziale che prende forma la necessità della semiotica. Se la comunicazione fosse un semplice spostamento di oggetti mentali, si tratterebbe di una forma particolare e incerta come la telepatia, che tuttavia, nella realtà comunicativa umana, ha un valore marginale e poco rilevante. Ciò che invece accade normalmente è che “i sistemi semiotici possono essere visti come stupefacenti dimostrazioni dell’ingegnosità con cui il genere umano si è impegnato a superare una quasi crudele difficoltà di partenza”.
Per comunicare, l’uomo ha inventato sistemi indiretti, fondati sull’uso di oggetti fisici che agiscono da sostituti delle entità mentali da condividere. Si tratta di tracce materiali, segnali, che percepiamo come “riflessi dei nostri contenuti mentali”. L’esempio proposto da Ferraro è emblematico: una persona che per esprimere ragionamenti complessi “si impegna nel roteare con grande attenzione, su un foglio di carta bianco, un bastoncino da cui cola un liquido colorato”. Il comportamento appare assurdo se si dimentica che “tale oggetto è per noi totalmente privo di interesse, se non in quanto strumento che rinvia […] a quei sentimenti o quei ragionamenti che costituiscono ciò che veramente ci importa”.
La semiotica, in questa prospettiva, è la disciplina che si occupa di spiegare come questi processi sostitutivi avvengano: come si producono questi oggetti fisici sostitutivi, come si stabilisce la loro relazione con i contenuti mentali, e in che modo si riesce a instaurare un processo comunicativo efficace.
Ferraro insiste infine su un’altra questione essenziale: la neutralità dei sistemi di comunicazione. È davvero indifferente quale sistema si adoperi? Oppure, come suggerisce l’interrogativo, alcune forme comunicative sono più adatte di altre a esprimere determinati concetti, valori o idee? Se la risposta è negativa, bisogna allora riconoscere che “i sistemi di pensiero che sono tipici di una cultura, di un’epoca o di un ambiente” dipendono anche dalle forme di comunicazione adottate.
Riferimento bibliografico: Guido Ferraro, Semiotica. Teorie e tecniche, Milano, 2005.