Nella prospettiva proposta da Tiziana Migliore e Marion Colas-Blaise, la semiotica del formato nasce dall’esigenza di riconoscere nel formato una categoria d’analisi autonoma, e non solo un parametro tecnico o esterno. Si tratta, infatti, di un elemento strettamente inerente alla forma, ma che la modula, la condiziona e la restituisce secondo modalità metriche, spaziali, percettive e assiologiche.
Il formato, spiegano le autrici, è “il formato di qualcosa”: non ha mai un’esistenza autonoma, ma si lega sempre a un contenuto che informa e che a sua volta è informato. Mentre il “quadro” si aggiunge alla superficie pittorica con funzione indexicale, “il formato è sempre il formato di qualcosa” e partecipa al divenire-testuale, alla realizzazione dell’enunciato e alla sua strutturazione. In tal senso, esso opera come elemento intermedio tra il livello testuale e il livello mediale o di supporto.
In un approccio ispirato alle teorie di Étienne Souriau e Bruno Latour, viene evocata la figura del “potier”, il vasaio che inventa la forma dell’opera nel contatto stesso con la materia. Allo stesso modo, la forma significante non preesiste alla sostanza, ma si costruisce interattivamente. Per questa ragione, “una forma di contenuto non è tale se non realizzata in un certo formato”, il quale influisce direttamente sul processo di costruzione del senso.
Le autrici sottolineano che la riflessione occidentale ha a lungo trascurato la questione del formato, soprattutto a causa del peso normativo esercitato dal Canone della Grecia classica e dalle sue successive reinterpretazioni (come l’Homme de Vitruve, il Modulor, lo Z-score). Questi dispositivi hanno fissato proporzioni ideali a scala umana, oscurando la possibilità di una semantica della dimensione. In questo contesto, ogni deviazione dal Canone è stata relegata all’anomalia o alla marginalità.
La proposta semiotica consiste dunque nello “svelare la scatola nera” del formato, indagandolo come fattore costitutivo della significazione. Esso agisce sul piano morfologico, ma anche sulla dimensione modale e sensibile: produce effetti di senso, modula l’esperienza percettiva, genera contrasti di scala e dis-proporzioni che sono culturalmente e assiologicamente marcati.
Fondamentale è anche la distinzione tra i diversi livelli di pertinenza: l’ambiente, i media, i supporti, i formati e infine il testo. Il formato si colloca tra supporto e testo, ma può anche richiedere un certo tipo di supporto, in una relazione di interdipendenza. In questo quadro, il formato viene definito come un “modello di pre-visibilità”, una sorta di partitura interpretata dagli enunciatori in funzione delle possibilità d’azione che essa prefigura.
In sintesi, Migliore e Colas-Blaise rivendicano per la semiotica del formato un ruolo centrale nella comprensione dei processi di significazione contemporanei, proponendo una lettura che integra la dimensione spaziale, sensibile e modale alla teoria della forma e alla morfologia della sostanza.
Riferimento bibliografico: Marion Colas-Blaise, Tiziana Migliore, Les catégories métriques en sémiotique, in «Actes Sémiotiques», n° 126, 2022.