La prospettiva sociosemiotica applicata alla traduzione nasce dall’esigenza di comprendere i processi di significazione non soltanto come fenomeni linguistici, ma come pratiche sociali e culturali, radicate nelle relazioni tra soggetti, testi e contesti. In questo quadro, l’atto traduttivo non può essere ridotto a una mera operazione di sostituzione linguistica, ma diventa un luogo di negoziazione di valori, intenzioni e responsabilità.
Jinxia Tang propone di leggere la sociosemiotica della traduzione in chiave etica, sostenendo che la traduzione, in quanto attività segnica, implica scelte che investono non solo la correttezza linguistica ma anche il rapporto fra verità, rappresentazione e alterità.
L’autrice ritiene necessario e al tempo stesso possibile studiare la sociosemiotica della traduzione da un punto di vista etico. Tale prospettiva risulta necessaria perché ogni processo traduttivo si colloca all’interno di un sistema di relazioni sociali, in cui i segni circolano e vengono interpretati secondo norme condivise. È al contempo fattibile perché la traduzione, in quanto pratica semiotica, consente di osservare concretamente le modalità con cui i soggetti agiscono sui segni e li fanno interagire con i diversi codici culturali.
La proposta di Tang si fonda su un’analisi empirica dei valori etici che sottendono l’approccio sociosemiotico alla traduzione. L’autrice individua tre generi di etica che orientano l’attività del traduttore: l’etica della rappresentazione, l’etica normativa e l’etica dell’impegno. Ciascuna di esse corrisponde a un diverso modo di intendere la relazione tra segno, significato e comunità interpretante.
L’etica della rappresentazione riguarda il rispetto dell’equivalenza tra segni e significati nelle due lingue. Il traduttore che la assume come criterio guida si impegna a mantenere la coerenza del senso referenziale, cercando di riprodurre nel testo d’arrivo gli stessi effetti di significazione del testo di partenza. È un’etica della fedeltà, che riconosce nel traduttore un testimone dell’originale e nella traduzione una forma di rappresentazione veridica.
L’etica normativa entra in gioco quando la corrispondenza fra segni non è possibile. In questi casi, il traduttore si confronta con la necessità di ricorrere a norme, consuetudini o convenzioni della lingua e della cultura d’arrivo, assumendo la responsabilità di adattare il messaggio al nuovo contesto. Si tratta di un’etica della regola, fondata sul rispetto delle aspettative del pubblico e delle pratiche linguistiche condivise.
Infine, l’etica dell’impegno attribuisce al traduttore un ruolo attivo di mediazione. Egli non è soltanto un esecutore di equivalenze o un applicatore di norme, ma un soggetto competente che agisce come esperto e come arbitro, capace di bilanciare le esigenze del testo di partenza e le condizioni della ricezione. Questa etica riconosce al traduttore un margine di intervento responsabile, fondato sulla consapevolezza del valore sociale e comunicativo del proprio operato.
L’approccio sociosemiotico alla traduzione, interpretato in questa prospettiva, mostra dunque come i processi di significazione e le scelte traduttive siano inseparabili dalle dimensioni etiche che li attraversano. Tradurre significa partecipare alla costruzione di senso all’interno di una comunità, e ogni decisione traduttiva implica una forma di responsabilità nei confronti del testo, dell’autore e dei lettori. La proposta di Tang rende evidente che la sociosemiotica non è soltanto una teoria dei segni, ma anche una riflessione sui valori che regolano la comunicazione fra culture.
Riferimento bibliografico: Jinxia Tang, Ethical Values of a Sociosemiotic Approach to Translation, Chinese Semiotic Studies, 16(2), 2020.
