Nel tratteggiare il profilo della soggettività nel Trattato di semiotica generale, Stefano Traini si sofferma sull’ultima sezione del testo, in cui Eco si interroga sul ruolo del soggetto nella pratica semiotica. Si tratta, osserva Traini, di “cinque pagine” nelle quali viene delineata una posizione precisa e, per certi aspetti, sorprendente.
Secondo Eco, il soggetto non è un’entità originaria, ma il prodotto di una segmentazione storica e sociale dell’universo. In questa prospettiva, il soggetto appare come un operatore culturale, un modo di vedere e organizzare il mondo, e non come un principio fondativo.
Traini sottolinea come questa concezione emerga già nella teoria dei codici: conoscere significa segmentare l’universo e associare unità dell’espressione a unità di contenuto. Anche in Semiotica e filosofia del linguaggio, si insiste sull’idea che la semiotica sia “la scienza di come si costituisce storicamente il soggetto”.
Sulla base di queste affermazioni, Traini descrive la soggettività echiana come una configurazione diffusa, dinamica, legata alle pratiche di costruzione del senso. Richiama a questo proposito un saggio di Patrizia Violi, Il soggetto è negli avverbi, pubblicato sulla rivista online dell’Associazione Italiana di Studi Semiotici. In quel testo, Violi mette in evidenza alcune affinità tra la nozione di soggetto in Eco e quella proposta dalla semiotica post-greimasiana.
Secondo Violi, se in Eco “il soggetto è l’operatore della semiosi”, in Fontanille è invece “il corpo” ad avere questo ruolo, in quanto dispositivo che salda espressione e contenuto. Traini, però, prende le distanze da questa sovrapposizione:
“Vero secondo me solo in parte. In Eco il soggetto è un soggetto che continua a sembrarmi assolutamente privo di corporeità, di corpo”.
Nel modello echiano, il legame tra espressione e contenuto resta eminentemente formale e logico, soprattutto nella prima parte del Trattato dedicata alla teoria dei codici. Il soggetto, dunque, non è incarnato, non è inscritto in una dimensione materiale o sensibile, ma si configura come una funzione astratta del sistema segnico.
Conclude con una riflessione generale: questa concezione disincarnata della soggettività, se coerente con l’impianto formale del Trattato, rischia di apparire oggi insufficiente alla luce delle più recenti elaborazioni teoriche sulla corporeità dell’enunciazione.
Fonte: Stefano Traini, Tavola rotonda sull’eredità del “Trattato di semiotica generale” di Umberto Eco, organizzata in occasione del XXXIV congresso dell’Associazione Italiana di Studi Semiotici (AISS) nel 2006.