François Rastier presenta una sintesi teorica che permette di articolare compiutamente la struttura del semema nella semantica interpretativa. Egli propone una tipologia delle componenti semantiche distinguendo tra componenti linguistiche (inerenti e afferenti, generiche e specifiche) e componenti metalinguistiche (noemi primitivi).
La struttura del semema è rappresentata graficamente come segue:
- Semema
- Classema
- semi generici inerenti
- semi generici afferenti
- Semantema
- semi specifici inerenti
- semi specifici afferenti
- Classema
Rastier offre un esempio tratto dal titolo del Canard Enchaîné del 30 novembre 1983: Il caviale e le lische. I due sememi “caviale” e “lische” condividono un sema microgenerico inerente: parti di un pesce. Si oppongono poi per almeno un sema specifico inerente: commestibile per “caviale” e non commestibile per “lische”.
Il contesto permette inoltre di costruire dei semi afferenti, sulla base di inferenze situazionali (tipo di giornale, contenuto dell’articolo, vignetta ricorrente) e norme sociali (valore simbolico ed economico del caviale). Ne risulta:
- un sema generico afferente comune: condizione economica;
- un sema specifico afferente per “caviale”: lusso;
- un sema specifico afferente per “lische”: miseria.
Rastier propone un secondo esempio: Il rosso e il nero, titolo del romanzo di Stendhal. Anche qui si ha una struttura semica simile:
- semi generici inerenti: colori;
- semi specifici inerenti: rossezza, nerezza;
- semi generici afferenti: carriera;
- semi specifici afferenti: esercito, chiesa.
L’autore definisce infine la relazione semica come «una relazione funzionale binaria e non triviale fra due elementi che appartengono a due sememi distinti». Questa relazione è denominata specificando le estremità della coppia.
Rastier distingue due tipi di relazioni funzionali:
- simmetriche e/o riflessive (identità, incompatibilità) → semi inerenti;
- antisimmetriche e/o non riflessive (implicazione) → semi afferenti.
In questo secondo caso, è sempre necessario specificare il semema fonte e quello di destinazione.
Tale relazione è costruita per mezzo di un interpretante, che può essere «un’unità semiotica qualunque», appartenente «al piano del contenuto o al piano dell’espressione». L’interpretante di un sema generico determina il suo insieme di definizione; quello di un sema specifico determina i due sememi (o sottoinsiemi) fra cui avviene la relazione.
Nota sull’interpretante
Rastier chiarisce esplicitamente che non adotta il concetto di interpretante nel senso peirciano. Per Peirce, l’interpretante si definisce in relazione a un segno (espressione) e partecipa a una teoria del riferimento, troppo generale per essere operativa. Anche le reinterpretazioni di Umberto Eco — che identificano l’interpretante con un sinonimo, una rappresentazione componenziale o un sema — sono giudicate ancora troppo ampie.
Nella semantica interpretativa, invece, l’interpretante è una unità semiotica relazionale, che può anche essere esterna al linguaggio verbale (una rima, un’immagine, una struttura musicale o filmica) e non ha valore referenziale.
Riferimento bibliografico: F. Rastier, Semantique interprétative, PUF, Paris 1987, tr. it. di B. Tofoni