Jean Petitot ricorda che, nella visione greimasiana, la costituzione delle scienze umane comportava una vera e propria missione: dotarsi di un linguaggio matematico capace di rendere operativa la descrizione strutturale del senso. Questo obiettivo, dichiarato esplicitamente da Greimas nella conferenza di Vilnius del 1971, delineava un orizzonte teorico sistemico e cibernetico.
Tale vocazione alla formalizzazione colpì profondamente Petitot, che già negli anni della formazione matematica aveva nutrito una forte attrazione per la qualità teorica del pensiero strutturalista. Nella Sémantique structurale ritrovava lo stesso rigore che apprezzava nella pratica matematica: un senso del teorico acuto, un’attitudine argomentativa responsabile, una tensione verso la bellezza formale e un ideale di scienza fondato sulla sobrietà e la precisione.
Ma come tradurre in pratica questa esigenza di formalizzazione? Petitot osserva che bisogna distinguere con chiarezza tra tre modalità fondamentali: l’assiomatizzazione, la schematizzazione e la modellizzazione. Si parte da un insieme di fenomeni empirici – come le strutture narrative descritte e classificate dalla semiotica – e si cerca di concettualizzarli all’interno di una teoria. Questa teoria progredisce da concetti descrittivi a concetti astratti e categoriali, fino a raggiungere quelli che vengono definiti “indéfinissables”, dotati di valore universale.
Greimas, ispirato da autori come Carnap e Hjelmslev, scelse esplicitamente la via assiomatica, operando attraverso definizioni implicite: gli indéfinissables non vengono definiti, ma utilizzati per formulare l’insieme degli assiomi. In questo modo, secondo Petitot, Greimas opponeva l’operazionalità della teoria all’oscurità speculativa della filosofia, che rischiava di fondare tutto su concetti incommunicabili. “On ne peut pas philosopher”, scriveva Greimas, “sous peine de voir le projet scientifique disparaître”.
Gli indéfinissables greimasiani sono, del resto, le categorie formali a priori (nel senso di un’analitica trascendentale) che fondano la nozione di struttura: continu / discontinu / discret, terme / relation, identité / altérité, totalité / parties, local / global, assertion / négation, conjonction / disjonction, sujet / objet. Queste opposizioni costituiscono il cuore della sintassi concettuale della forma del contenuto. La formalizzazione, in questo quadro, consiste nel “doter les indéfinissables d’une expression formelle” – produrre la semiotica come una “algèbre pure”, ma tenendo conto che essa non è la realtà del senso, bensì una rappresentazione.
Petitot pone qui una domanda fondamentale: dotare gli indéfinissables di un’espressione formale significa necessariamente assiomatizzare? Se si guarda alle scienze naturali – come la fisica – ci si accorge che non è l’assiomatica a guidare la formalizzazione, ma la modellizzazione. Essa parte da un “format” non concettuale della fenomenalità, cioè dalla configurazione sensibile del fenomeno, e sviluppa modelli attraverso una sequenza che va dalla costituzione estetica trascendentale alla costruzione matematica di concetti derivati.
La differenza è profonda. L’assiomatica lavora solo con la concettualità, ignorando il carattere non concettuale dei fenomeni. La modellizzazione, al contrario, prende avvio dal formato fenomenico e cerca le matematiche adatte a schernatizzare i concetti indéfinissables. Per la semiotica strutturale, spiega Petitot, il fenomeno-nucleo è la discontinuità qualitativa, ossia l’articolazione di un continuum in unità discrete. Questa discontinuità è al centro di quella che Petitot chiama una esthétique transcendantale.
Citato esplicitamente, Gilles Deleuze aveva compreso che lo strutturalismo si fonda su una nuova filosofia trascendentale, dove “les lieux l’emportent sur ce qui les remplit” e lo spazio è uno “spatium” puro, non esteso. La forma del senso è una forma spaziale – ma non nello spazio esterno ingenuo: si tratta di una idealità topologica, non simbolica. La struttura, come “configuration topologique de valeurs positionnelles”, può essere schematizzata attraverso un schématisme de la structure che interpreta le categorie concettuali della semiotica come intuizioni pure di tipo topologico.
Resta aperto un problema centrale: esiste una matematica delle discontinuità qualitative capace di tradurre gli indéfinissables della semiotica? Petitot ricorda come la sua risposta sia stata influenzata dalla contemporaneità di due percorsi: da un lato l’opera di Greimas, dall’altro la teoria delle singolarità di René Thom, che proprio in quegli anni sviluppava una geometria delle discontinuità applicabile ai fenomeni critici, alla morfogenesi biologica e persino alla linguistica strutturale. La loro congiunzione, conclude Petitot, ha segnato un momento decisivo nella sua riflessione teorica.
Riferimento bibliografico: Jean Petitot, Phénoménologie de la structure, in Greimas aujourd’hui : l’avenir de la structure.