Secondo Eco, ogni teoria testuale che voglia spiegare il funzionamento del significato deve partire dal riconoscimento che non c’è enunciato che, per essere semanticamente attualizzato in tutte le sue possibilità di significazione, non richieda un co-testo. La struttura sememica non è semplicemente un deposito di significati fissi, ma una rete di potenzialità che si attualizzano nella testualità.
Questa concezione porta a definire il semema non come un contenuto, ma come un’istruzione, una “regola” per la costruzione di un comportamento interpretativo. Eco riporta un’affermazione di Greimas: “Il pescatore reca in sé, evidentemente, tutte le possibilità del proprio fare, tutto ciò che ci si può attendere da esso in fatto di comportamento”. Il semema “pescatore”, dunque, non è una definizione, ma un programma narrativo potenziale.
A partire da questa idea, si può considerare ogni termine come un’unità semantica che contiene al suo interno uno spettro di istruzioni virtuali, attivabili a determinate condizioni pragmatiche. Una teoria testuale deve quindi stabilire come e a quali condizioni il destinatario sia co-testualmente autorizzato a collaborare per attualizzare queste istruzioni.
Un possibile controargomento riguarda la diversa disambiguabilità dei termini categorematici e sincategorematici. Perché “lottatore” sembra avere un significato anche fuori contesto, mentre “tuttavia” lo assume solo in presenza di un co-testo? Eco risponde a questa obiezione distinguendo due livelli di attivazione semantica. Anche per il termine “lottatore”, senza co-testo non si sa per chi o contro chi lotti: nessun termine assume un significato soddisfacente fuori contesto.
Tuttavia, vi è una differenza funzionale. Quando leggiamo “lottatore” fuori contesto, sappiamo almeno che si tratta di un agente umano in situazione di conflitto. Quando leggiamo “tuttavia”, comprendiamo che il parlante si sta ponendo in contrasto con qualcosa di precedentemente affermato. La differenza sta nel fatto che “lottatore” rimanda a una situazione referenziale, mentre “tuttavia” esprime un’operatività testuale: è un operatore co-testuale.
Eco analizza il caso dell’avverbio “invece”. A prima vista, se isolato, “invece” non sembra significare nulla. Ma è possibile costruirne una rappresentazione sememica orientata al testo. “Invece” può avere funzione avverbiale oppure preposizionale (come in “invece di venire…”). Quando co-occorre con “di”, assume la funzione di operatore frastico; quando è usato da solo, diventa un marcatore testuale, in grado di esprimere opposizione o alternatività.
Eco propone tre esempi:
- “Maria ama le mele, Giovanni invece le odia.”
- “Maria ama le mele e invece odia le banane.”
- “Maria sta suonando il violino. Giovanni invece mangia una banana.”
In ciascun caso, “invece” esprime un’opposizione, ma il suo oggetto semantico cambia. Nella prima frase, si oppone il soggetto e l’azione; nella seconda, l’oggetto; nella terza, l’intero evento. È dunque possibile affermare che l’espressione “invece” marca una alternativa a x, dove x è il tema del testo.
Questa rappresentazione sememica consente di costruire istruzioni per la disambiguazione: non determina quale sia il topic, ma fornisce la regola che governa l’alternativa al topic.
Eco formula quindi una rappresentazione sintetica del semema:
«invece» =
cont(topic x) → avv. = opposizione a x
cont(“di” + x) → prep. = sostituzione a x
Tale analisi non elimina la necessità delle regole testuali più complesse, ma fornisce una base enciclopedica per generare e interpretare correttamente l’uso del termine. In questo senso, la rappresentazione sememica funge da ponte tra il lessema isolato e la sua inserzione testuale, e consente di spiegare perché non potremmo mai costruire un enunciato come “Maria ama le mele e invece ama le pere”.
Come conclude Eco, anche una teoria del codice, per essere coerente, deve trovare il modo di rappresentare semanticamente i segnali testuali: una teoria semiotica ha come fine quello di spiegare come funzioni l’intuizione del parlante, e di tradurla in termini non intuitivi.
Riferimento bibliografico: Umberto Eco, Lector in Fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi, Milano, Bompiani, 1979.