Nel percorso che Isabella Pezzini traccia sull’efficacia testuale, il corpo assume progressivamente una posizione centrale. Non più solo oggetto di manipolazione o luogo passivo della ricezione, ma sede originaria e attiva della significazione. A sintetizzare questa svolta è l’opera di Jacques Fontanille Figure del corpo (2004), punto di riferimento per una semiotica che indaga le radici corporee del senso, sia nell’analisi testuale sia nell’approccio sociosemiotico a pratiche come la medicina e la cura.
L’indagine semiotica si apre così a territori nei quali il corpo non è trattato come macchina, ma come luogo simbolico, come vettore di trasformazione, come spazio attraversato da tensioni e stati. È in questo quadro che si colloca l’analisi di Gianfranco Marrone su A Clockwork Orange di Anthony Burgess e sull’adattamento cinematografico di Stanley Kubrick, opere che trattano esplicitamente il tema dell’efficacia e che, nel contempo, furono percepite come profondamente efficaci dal pubblico, al punto da generare fenomeni imitativi.
Al centro della riflessione di Marrone si colloca la Cura Ludovico, la terapia chimico-cinematografica cui viene sottoposto il protagonista Alex. L’Autorità, per rieducare la sua violenza, mette in atto una strategia di controllo e coercizione che coinvolge direttamente il suo corpo: Alex viene fisicamente bloccato, drogato, esposto a immagini di violenza con l’accompagnamento dell’amata musica di Beethoven. Il suo corpo è forzato a vedere e a subire. È in questo dispositivo che si attiva il nucleo semio-estesico della cura, ed è proprio attraverso il corpo che si rivelano i limiti della terapia, che si rivela infine inefficace.
Marrone mostra come l’interpretazione non possa prescindere da una concezione non dicotomica del soggetto. Alla divisione tra “mente” e “corpo”, si oppone l’idea di un corpo sociale, simbolico, attraversato da interessi e valori, implicato nella costruzione della soggettività. Scrive Marrone:
“Prendere in considerazione il corpo significa pensarlo come un elemento e un processo che sono già sociali, che hanno un destino culturale segnato da precisi interessi o valori, contribuendo a formarli oppure decostruendoli (…)”.
Il soggetto si costituisce continuamente tra esperienze presoggettive e istanze intersoggettive, che sono entrambe, nella loro origine, di matrice somatica. L’esperienza estetica, dunque, non si limita a suscitare effetti cognitivi, ma mobilita profondamente la corporeità del destinatario. La significazione si realizza nel corpo, attraverso i suoi stati timici e modali, e ciò che viene compreso o trasformato è anche ciò che viene sentito.
In questa prospettiva, il corpo non è solo una superficie di ricezione, ma una vera e propria scena semiosica: luogo in cui le immagini si articolano, le forze si esprimono, gli effetti si producono. L’efficacia di un testo, o di un’opera, si misura anche nella sua capacità di generare trasformazioni corporee, visibili o invisibili, che toccano la soggettività del lettore o dello spettatore. Il corpo, insomma, non subisce il senso: lo produce.
Riferimento bibliografico: Isabella Pezzini, L’efficacia del testo. Effetti e affetti nella semiosi