La forma è definita da Alessandro Zinna come “il punto di tensione di ogni teoria strutturale”. Questa centralità teorica rinvia a un’indicazione programmatica che Zinna colloca esplicitamente nell’ultima frase del Corso di linguistica generale di Ferdinand de Saussure. È in quel punto che la forma emerge come problema aperto, affidato a uno sviluppo successivo.
Il lavoro di Hjelmslev si inscrive precisamente in questo orizzonte. Zinna afferma che il linguista danese “sviluppa il programma di Saussure precisando il senso di ‘forma’”. La relazione tra i due autori non è dunque di sovrapposizione, ma di continuità teorica: a Saussure spetta la formulazione programmatica, a Hjelmslev l’elaborazione sistematica del concetto.
Questa elaborazione avviene attraverso una duplice operazione. Da un lato, la forma viene delimitata mediante concetti di pari rango che ne circoscrivono il campo teorico: materia, sostanza, forma. Dall’altro, essa è definita all’interno di una gerarchia concettuale che comprende struttura, funzione, forma e sistema. Zinna mostra come queste due serie concettuali non coincidano e come la forma si trovi a funzionare come punto di articolazione tra livelli differenti.
È proprio questa doppia determinazione a produrre una difficoltà teorica interna. Zinna individua infatti “un’aporia: due concezioni contrapposte della forma”. La prima è legata a un pensiero partecipativo e continuo, elaborato prima del 1939; la seconda rinvia invece a un pensiero logico e discontinuo, introdotto all’inizio degli anni Quaranta. Le due concezioni non sono presentate come variazioni terminologiche, ma come orientamenti teorici incompatibili sotto alcuni aspetti.
La concezione partecipativa e continua della forma occupa una posizione particolare nell’argomentazione di Zinna. Egli afferma che “la prima costituisce una base per la semiotica contemporanea”, attribuendole un valore teorico che eccede il contesto storico della sua formulazione. Questa concezione è presentata come un terreno su cui si innestano sviluppi successivi della teoria semiotica.
Il concetto di forma appare così attraversato da una oscillazione teorica che non viene neutralizzata, ma descritta. L’obiettivo dichiarato dell’indagine è infatti “trovare le accezioni del termine per registrare le distonie”. Il percorso seguito va dalle definizioni figurate e informali fino alla definizione formale proposta nei Prolegómenos e mantenuta nel Résumé.
In questa prospettiva, la forma non è un concetto stabile e univoco, ma un luogo di tensione tra modelli di pensiero differenti: tra continuità e discontinuità, tra partecipazione e logica. È questa tensione a rendere la nozione di forma un punto nevralgico della teoria strutturale hjelmsleviana e a giustificare l’analisi rigorosa che Zinna le dedica.
Riferimento bibliografico: Alessandro Zinna, «El concepto de forma en Hjelmslev», deSignis, vol. 25, 2016, pp. 121–134.
