La riflessione sul “passionale” si sviluppa all’interno della teoria greimasiana come necessità di descrivere stati e configurazioni che non si esauriscono nella dimensione dell’azione. Il termine “passione”, nel quadro della semiotica strutturale, si articola attraverso un sistema concettuale già operativo: l’opposizione essere/fare, la modalizzazione e la distinzione tra soggetto di stato e soggetto di fare. Isabella Pezzini sottolinea che questa definizione non introduce un lessico estraneo, ma si costruisce attraverso l’interrelazione con le componenti già presenti del metalinguaggio semiotico.
La voce Passion del Dizionario di scuola greimasiana evidenzia come la passione possa essere intesa come una “organizzazione sintagmatica di stati d’animo”, dove gli stati sono il rivestimento discorsivo dell’essere modalizzato. La passione, in quanto effetto di questa modalizzazione, contribuisce alla determinazione dei ruoli che un attore assume nel discorso. Il rapporto con l’azione non è quindi incidentale: sul piano discorsivo, la distinzione tra passione e azione rappresenta la conversione dell’opposizione profonda fra essere e fare, fra essere modalizzato e fare modalizzato.
La costitutiva centralità della modalità emerge nel modo in cui soggetti e oggetti si articolano all’interno dell’enunciato narrativo. L’essere del soggetto, sottoposto alle modalità del volere e della categoria timica, determina la competenza sintattica che permette di agire o non agire, di congiungersi o restare disgiunto dagli oggetti di valore. La passione diventa così un elemento che contribuisce all’individuazione attoriale, capace di generare ruoli riconoscibili e ricorrenti — forme stereotipiche attraverso cui le culture organizzano i propri universi affettivi.
Questa concezione non si limita a registrare la passione come contenuto: ne descrive invece il funzionamento all’interno delle strutture che generano il senso. La passione è effetto di una investitura timica che, nei livelli più astratti della semantica fondamentale, si esprime nell’opposizione euforia/disforia. Questa categoria investe altre categorie semiche e concorre alla costituzione delle assiologie, che a loro volta regolano la selezione dei valori nella semantica narrativa. L’enunciato di stato diventa così lo “stampo sintattico” in cui gli attanti assumono o rifiutano i valori che li definiscono.
La teoria individua inoltre una specifica componente patemica, distinta ma non separata da quella tematica. Il ruolo patemico, definito come espressione dell’essere del soggetto, si configura come una gerarchia modale che si sviluppa discorsivamente in forme dette “patemi”. La passione emerge dunque come configurazione semiotica che combina la profondità categoriale con le forme narrative e discorsive in cui si manifesta.
In questo modo la semiotica, osserva Pezzini, supera l’arbitraria limitazione metodologica che l’aveva indotta a concentrarsi solo sugli attanti come agenti, privi di qualsiasi investimento timico. L’attenzione al “passionale” diventa invece parte integrante della costruzione del soggetto semiotico e dei suoi modi di esistenza discorsiva.
Riferimento bibliografico: Isabella Pezzini (a cura di), Semiotica delle passioni. Saggi di analisi semantica e testuale, Meltemi.
