All’interno dei sistemi semiotici, il significato non è un’entità semplice né univoca. La domanda “che cos’è il significato?” apre a una molteplicità di risposte, ciascuna legata a un diverso modo di concepire il rapporto tra il segno e ciò che esso esprime. Francesco Marsciani distingue tre principali indirizzi teorici in base al tipo di “atteggiamento” assunto nei confronti della semiosi.
Significato come corrispondenza con il mondo
Il primo indirizzo è quello della semantica referenziale, di derivazione filosofica. Essa concepisce il significato come ciò che un segno è in grado di dire del mondo. L’enfasi è posta sulla relazione tra enunciato e “stato di cose”: si assume che il significato consista nell’operazione di riferimento, in ciò a cui il segno rinvia.
In questa prospettiva, il cuore della semantica è costituito dalla valutazione di verità: un segno è significativo in quanto può essere giudicato vero o falso rispetto al mondo. Il compito della semantica, in questo caso, è di definire le condizioni logico-linguistiche che rendono possibile una simile valutazione. Si tratta, come osserva Marsciani, di una “semantica dei valori di verità”.
Significato come contenuto mentale
Un secondo approccio si concentra sulla dimensione psicologica. Questa semantica cognitiva indaga i processi mentali che consentono la comprensione dei segni. Il significato è qui visto come contenuto concettuale, elaborato e organizzato nel sistema mentale dell’individuo.
L’obiettivo è comprendere come un’espressione linguistica venga interpretata da una mente umana, quali meccanismi concettuali siano attivati, e in che modo il significato si costruisca come parte dell’esperienza. Il legame fra linguaggio e rappresentazione mentale diventa, in questa prospettiva, il centro della riflessione.
Significato come valore interno al sistema
Una terza via, quella che Marsciani considera più strettamente semiotica, si fonda sull’idea che il significato non risieda né fuori dal linguaggio (nel mondo) né dentro la mente del parlante, ma nel sistema stesso dei segni.
Il significato, in questa concezione, è un valore culturale che emerge ogni volta che si verifica un fenomeno di semiosi. Ogni segno ritaglia, sul piano del significato così come su quello dell’espressione, una porzione di materia articolabile, in modo da renderla interpretabile. È il sistema semiotico a stabilire, di volta in volta, le condizioni per la significazione.
Il significato come unità culturale
Nel quadro semiotico, dunque, il significato è una unità culturale. Non si identifica con un’immagine mentale né con un referente esterno, ma è un elemento circolante nella cultura, la cui forma e funzione dipendono dalla struttura del sistema semiotico in cui è preso in esame.
Marsciani sottolinea che non è possibile una descrizione esaustiva del piano del contenuto: il linguaggio non ha limiti prestabiliti su ciò che può significare. Anche quando si riconoscono microstrutture semantiche condivise tra sistemi linguistici diversi, non è scientificamente sostenibile considerarli come “universali”.
È proprio questa variabilità culturale, storica e sociale del significato che rende la semantica semiotica tanto più interessante. Lo studio del significato, afferma Marsciani, ha valore proprio perché “il significato non è dato una volta per tutte, ma si determina localmente, nel testo, nel discorso, nella cultura”.
Riferimento bibliografico: Francesco Marsciani, in Ugo Volli, Manuale di semiotica, Roma-Bari, Laterza, 2000.