Le storie sono una forma privilegiata di organizzazione dei testi all’interno di ogni società. A esse affidiamo il nostro divertimento, la trasmissione della conoscenza, la regolazione dei comportamenti sociali. Non solo romanzi, film e favole, ma anche molti testi religiosi, leggi, messaggi pubblicitari e manuali d’uso possono assumere forma narrativa. La semiotica, osserva Ugo Volli, ha dedicato grande attenzione alle storie, proprio perché esse costituiscono uno dei dispositivi principali di produzione e conservazione del senso.
Culture grammaticalizzate e testualizzate
Seguendo le proposte di Lotman e Uspenskij, Volli distingue due grandi classi di sistemi culturali:
- le culture grammaticalizzate, in cui prevalgono testi che espongono regole in modo esplicito e sistematico (codici giuridici, enciclopedie, trattati teologici o scientifici);
- le culture testualizzate, in cui invece domina la narrazione come forma di trasmissione del sapere.
Queste due modalità non si escludono reciprocamente: la nostra società è altamente grammaticalizzata, ma continua a produrre narrazioni nei più svariati ambiti.
Oralità primaria e oralità secondaria
La narrazione assume una funzione particolarmente centrale nelle culture prive di scrittura. Volli si richiama alla distinzione di Ong tra:
- oralità primaria, propria delle società senza mezzi grafici complessi per conservare la memoria sociale;
- oralità secondaria, che riguarda invece la comunicazione verbale in società dotate di scrittura.
Nelle culture orali, la narrazione si configura come uno strumento di memorizzazione collettiva, più efficace di un trattato: si pensi alla forza ritmica dei versi, alla ripetizione di formule, epiteti, clausole. Narrare diventa una tecnica per rendere memorabile un sapere.
Che cos’è una storia?
Una storia non coincide con un testo singolo. Prendere in considerazione Guerra e pace in versione originale, la sua traduzione, o la sua trasposizione cinematografica significa porsi una domanda fondamentale: si tratta della stessa storia o di storie diverse?
Volli osserva che siamo disposti ad ammettere che la storia è qualcosa di più astratto della singola manifestazione testuale. Ciò vale anche per l’Amleto di Shakespeare, o per Madame Bovary: l’identità della storia si conserva anche attraverso riscritture, adattamenti, passaggi dal verso alla prosa e viceversa. L’elemento costante è una successione determinata di eventi – l’intreccio – che possiamo considerare come il livello invariante della narrazione.
Fabula e intreccio
Per analizzare una storia dal punto di vista semiotico, occorre distinguere tra:
- fabula: la sequenza degli eventi nella loro successione cronologica e causale;
- intreccio: l’ordine in cui questi eventi sono presentati nel testo.
Questa distinzione è fondamentale per comprendere il funzionamento narrativo. Volli mostra come una stessa fabula possa dare origine a intrecci differenti, ognuno dei quali genera effetti di senso propri.
Nei romanzi gialli, per esempio, l’omicidio (fabula) avviene all’inizio, ma viene narrato solo alla fine. Se l’autore seguisse l’ordine reale degli eventi, l’effetto narrativo ne risulterebbe indebolito. Questo scarto è presente anche nell’epica (l’Odissea), nel teatro (l’Edipo re), nel cinema con flashback o salti temporali.
Il ruolo del lettore
Il lettore ha un ruolo decisivo nella costruzione della storia. Non solo seleziona cosa considerare testo (intero romanzo? singolo capitolo?), ma ricostruisce la fabula a partire dall’intreccio. In altre parole, interpreta la successione degli eventi, riordina i frammenti e li integra in una trama coerente.
Nel farlo, egli si confronta con ciò che il testo manifesta in superficie: l’organizzazione delle parole, la scelta stilistica, il montaggio narrativo, il tono. Volli chiama questa dimensione manifestazione lineare del testo. È il livello del significante, che precede ogni interpretazione del contenuto.
Anche nei testi figurativi (immagini, sequenze filmiche), la percezione della materialità dell’espressione precede la ricostruzione del senso. Ma è proprio attraverso la manipolazione della superficie che la narrazione può generare sorpresa, emozione, piacere estetico.
Riferimento bibliografico: Ugo Volli, Manuale di semiotica, Roma-Bari, Laterza, 2000.