Alessandro Zinna riflette sulla natura della significazione che si genera attraverso gli oggetti, soffermandosi in particolare sul rapporto tra forma, funzione e materia. Il design, afferma, non riguarda solo la configurazione esterna dell’oggetto, ma anche il modo in cui esso assume un senso nella cultura che lo produce, lo utilizza e lo interpreta.
Nel design moderno, il rapporto tra forma e funzione è stato spesso interpretato in chiave semiotica, come relazione tra l’espressione e il contenuto. In questa prospettiva, Zinna richiama la definizione di segno proposta da Louis Hjelmslev: la funzione è la forma del contenuto, mentre il design ne rappresenta la forma dell’espressione. L’idea di “tagliare”, per esempio, è una risposta concettuale a un problema pratico – separare una parte da un tutto – e si traduce in una forma espressiva come la lama di un coltello. L’invenzione della lama rappresenta il punto in cui una funzione si concretizza in un dispositivo materiale.
Tuttavia, a differenza del linguaggio, dove la materia è indifferente (il significato di una parola non cambia se la scriviamo o la pronunciamo), negli oggetti materiali la sostanza è pertinente. Un coltello in cartone, osserva Zinna, pur comunicando la funzione del tagliare, non consente di realizzarla. La materia, in questo caso, entra a far parte del processo semiotico: il peso, la rigidità, la resistenza non sono semplici caratteristiche fisiche, ma diventano tratti distintivi rilevanti sul piano della significazione.
Questo principio, tuttavia, non vale in modo uniforme. Zinna osserva che negli oggetti elettronici, la materia tende a diventare irrilevante: l’interfaccia può ridursi a una proiezione luminosa, come nel caso delle tastiere virtuali. In questi casi, la relazione tra espressione e contenuto torna a essere arbitraria. L’interfaccia perde il legame causale con i dispositivi interni e deve essere rimotivata sul piano visivo e simbolico, per mantenere la sua funzione comunicativa. Le icone e le metafore visive (come quella del “desktop”) servono appunto a ristabilire una comprensibilità che altrimenti verrebbe meno.
Zinna mostra così come la semiotica degli oggetti non possa limitarsi a descrivere le relazioni tra forma e funzione, ma debba tener conto delle condizioni materiali e culturali che ne determinano la pertinenza. La materia dell’oggetto non è neutra: partecipa alla costruzione del senso, oppure lo dissimula, come accade nel caso degli oggetti immateriali, che si affidano alla simulazione per farsi riconoscere.
L’analisi semiotica deve quindi misurarsi con questa tensione tra motivazione e arbitrarietà, tra peso fisico e leggerezza simbolica, tra presenza tangibile e interfaccia virtuale. È solo tenendo conto di questi poli che si può comprendere appieno il modo in cui gli oggetti significano nella cultura contemporanea.
Riferimento bibliografico: Alessandro Zinna, À quel point en sommes-nous avec la sémiotique de l’objet ?, in Objets & communication, MEI n°30-31, L’Harmattan.