La riflessione di Roland Barthes sulla semiologia non si esaurisce in un interesse descrittivo o tecnico. Essa ha, fin dall’inizio, una valenza critica e politica. Come sottolinea Stefano Traini, Mythologies è il primo passo di un progetto più ampio: quello di una semiologia che “distrugge, dissipa, decostruisce […] le connotazioni culturali, sociali e ideologiche che la borghesia ha calato sulla lingua”.
Il mitologo come decostruttore di senso
Nel sistema mitico, la società borghese maschera la propria ideologia facendola passare come natura. In questo contesto, il compito del semiologo è smontare questa illusione, separando con precisione i due livelli del discorso: il piano della denotazione e quello della connotazione mitica.
Barthes afferma che il mitologo deve “svelare la deformazione”, smascherare la significazione ideologica del mito. È una posizione che oggi potremmo definire “decostruttiva”, ma già negli anni Cinquanta Barthes concepisce la semiologia come una pratica di smontaggio dell’ovvio, un’operazione che rompe la continuità apparente tra le immagini e i concetti che veicolano.
La borghesia come forza naturalizzante
Uno degli assi portanti della teoria barthesiana è la funzione ideologica della borghesia, descritta come la classe che più di ogni altra riesce a trasformare la storia in natura. Barthes scrive che “le norme borghesi sono vissute come leggi evidenti di un ordine naturale: più la classe borghese propaga le sue rappresentazioni, più queste divengono natura”.
Il mito, in questa prospettiva, è uno strumento di mascheramento ideologico: opera un processo di semplificazione e universalizzazione dei significati che giova al mantenimento dello status quo. Smontare il mito equivale a un atto di liberazione linguistica e politica.
Il grado zero della lingua
Traini richiama una formula suggestiva: la semiologia, per Barthes, mira a liberare “una forma bianca della lingua, una forma che evidentemente è legata, in quel periodo, al progetto di una società libera, senza ideologia, senza classi”. Questa espressione rinvia alla celebre idea barthesiana di écriture blanche, o grado zero della scrittura, come stile privo di connotazioni ideologiche.
È in questo senso che la semiologia barthesiana si configura come una vera e propria critica sociale, che si esercita attraverso l’analisi dei sistemi di significazione, nella convinzione che decostruire il mito significhi rendere visibili i meccanismi della dominazione culturale.
Riferimento Bibliografico:
Stefano Traini. Le due vie della semiotica: Teorie strutturali e interpretative (Strumenti Bompiani)