Affrontando il concetto di “ideologia” da una prospettiva semiotica, Ugo Volli insiste fin da subito sulla necessità di evitare le idées reçues che circondano il termine. Per farlo, propone una riflessione preliminare sul modo in cui la semiotica affronta i concetti culturali: anche “ideologia”, come ogni altro termine studiato dalla disciplina, è un’unità culturale, e dunque un segno, secondo la definizione del Trattato di semiotica generale di Umberto Eco.
Ciò implica, osserva Volli, che il significato non è mai direttamente accessibile: si tratta di una “posizione nello spazio semantico astratto di una certa cultura”, e non di un contenuto stabile. Nella ricerca semiotica, ciò che si incontra non è mai un significato “puro”, ma altri segni che lo riformulano. Questi segni, che riformulano il significante per esplicitarne il senso percepito, sono definiti “interpretanti”, nel senso peirceano del termine (Peirce 1931).
Da questo punto di vista, ogni significato è sempre una costruzione dinamica e relativa, legata a una rete di opposizioni e somiglianze culturali: quelle percepite internamente dalla cultura stessa (emic), secondo Harris (1976), e quelle descritte dal metalinguaggio della semiotica (etic).
In questa cornice, il concetto di “ideologia” appare come un caso esemplare di ciò che Volli chiama “deriva semantica”: un fenomeno per cui il senso di un termine cambia, si biforca, si trasforma — spesso anche rovesciandosi nel proprio contrario — nel corso del tempo e all’interno di differenti contesti. Non si tratta di semplici slittamenti lineari, ma di trasformazioni complesse, talvolta casuali, altre volte motivate da dinamiche sociali, linguistiche, retoriche.
Un esempio evocato da Volli è quello dei falsi amici linguistici: parole come “virtù” e virtus, “religione” e religio, che presentano una continuità fonica o grafica, ma che hanno subito trasformazioni profonde del loro significato nel tempo. A livello sincronico sembrano equivalenti, ma la loro significazione culturale è ormai profondamente diversa.
La conseguenza, dal punto di vista semiotico, è che la dimensione diacronica del significato tende a diventare opaca. La società, sottolinea Volli, perde spesso la memoria delle trasformazioni che hanno portato a un certo stato semantico, oscurando così la propria storia concettuale. Anche chi, come Ermogene nel Cratilo, o la Bibbia (Genesi 2:19), crede in un’origine motivata e trasparente dei nomi, deve infine confrontarsi con la forza trasformativa del tempo e con l’asincronia che separa l’evoluzione del piano dell’espressione da quella del contenuto.
Riferimento bibliografico: Ugo Volli, Avventure semantiche dell’ideologia: dalla teoria delle idee ai movimenti identitari, in Interrogare il senso. Verso una semiotica critica, Nomos Edizioni, 2024.