Nel racconto non c’è solo una voce che narra, ma anche uno sguardo che osserva. La distinzione tra voce narrante e focalizzazione permette di analizzare con precisione chi parla e chi vede all’interno del testo. Valentina Pisanty riprende le nozioni di Gérard Genette per chiarire questa articolazione fondamentale nella teoria della narratologia.
Focalizzazione: i punti di vista del racconto
La focalizzazione indica il punto di vista da cui la storia viene presentata. Non coincide con il narratore: si può avere un narratore esterno che adotta un punto di vista interno, o viceversa.
Genette distingue tre tipi di focalizzazione:
- Focalizzazione zero: il narratore è onnisciente. Sa tutto, conosce pensieri, azioni e intenzioni dei personaggi, anche se non è presente nella scena. È il caso del narratore di molti romanzi ottocenteschi, come Madame Bovary.
- Focalizzazione interna: il punto di vista è quello di un personaggio, da cui si vedono e si comprendono solo gli eventi e le emozioni accessibili a lui. È la modalità di L’étranger di Camus o del discorso indiretto libero in Madame Bovary.
- Focalizzazione esterna: la narrazione mostra solo l’esteriorità delle azioni, senza accesso alla dimensione interiore. Lo sguardo è impersonale, quasi “meccanico”: si limita a descrivere. Si trova, ad esempio, nei romanzi di Hemingway o in certi film di osservazione.
Questa tripartizione è un potente strumento di analisi, poiché permette di cogliere come l’autore regoli il flusso di informazione per il lettore.
Il narratore e il narratario
Altra distinzione fondamentale è quella tra narratore e narratario:
- Il narratore è la voce che produce il racconto: può essere un personaggio interno alla storia o una voce esterna.
- Il narratario è il destinatario implicito del racconto, colui a cui la storia è rivolta all’interno dell’universo narrativo.
Pisanty distingue:
- Narratore intradiegetico: quando la narrazione è prodotta da un personaggio interno alla storia. È il caso di Shahrazàd nelle Mille e una notte.
- Narratore extradiegetico: quando la narrazione proviene dall’esterno del mondo raccontato.
- Narratore omodiegetico: se racconta una storia in cui è coinvolto.
- Narratore eterodiegetico: se resta estraneo alla vicenda.
Analogamente, il narratario può essere:
- intradiegetico: un personaggio interno che ascolta il racconto (il re nella Cornice delle Mille e una notte);
- extradiegetico: un destinatario implicito esterno alla narrazione.
Chi parla? Chi guarda?
Una narrazione può avere una voce esterna e un punto di vista interno. Ad esempio, in Madame Bovary la narrazione è prodotta da un narratore esterno (eterodiegetico), ma l’accesso ai pensieri di Emma attiva una focalizzazione interna. A tratti, il romanzo si legge dal punto di vista di Emma, anche se lei non racconta mai direttamente.
Queste distinzioni permettono di costruire quadri analitici complessi, in cui la posizione del narratore e la focalizzazione si incrociano. Un narratore può essere extradiegetico e onnisciente; oppure intradiegetico e limitato. Il gioco narrativo consiste proprio nella possibilità di spostare queste funzioni, di mascherarle o di metterle in evidenza.
I molteplici livelli della narrazione
Pisanty conclude osservando che ogni narrazione può contenere al suo interno più livelli di racconto. Quando un personaggio racconta una storia a un altro personaggio, si produce una narrazione secondaria (metadiegetica). Questo fenomeno è frequente nella letteratura (basti pensare a Ulisse che narra le sue avventure ad Alcinoo), ma anche nei testi contemporanei come i romanzi epistolari o le serie televisive strutturate a incastro.
Comprendere chi racconta, a chi, da dove e con quale punto di vista è il primo passo per un’analisi semiotica rigorosa del testo narrativo.
Riferimento bibliografico: Ugo Volli, Manuale di semiotica, Roma-Bari, Laterza, 2000.