Roberto Pellerey propone una tipologia delle teorie dell’interpretazione, distinguendole in base al peso attribuito ai tre elementi fondamentali coinvolti in ogni atto interpretativo: Autore (o Emittente), Opera (o Testo), Lettore (o Destinatario).
«Vi è infatti chi ha ritenuto che interpretare il senso di un testo significhi innanzi tutto capire l’autore».
Secondo questa prima tendenza, comprendere un’opera vuol dire ricostruire ciò che l’autore ha effettivamente voluto dire, tenendo conto della sua individualità, del suo pensiero, delle sue emozioni e delle circostanze storiche e culturali della produzione. L’attenzione si concentra quindi sullo statuto psicologico dell’autore, sulla sua biografia e sul contesto in cui ha scritto. L’opera diventa una manifestazione del pensiero individuale dell’autore, da comprendere attraverso un’indagine sulle condizioni della sua enunciazione.
La seconda direzione si concentra invece sull’Opera in quanto tale, trattandola come un oggetto autonomo e coerente:
«Il testo è inteso come un insieme coerente, ormai indipendente dalle circostanze della sua produzione».
In questa prospettiva, si analizzano le strutture linguistiche, narrative e testuali. L’interpretazione non cerca il pensiero dell’autore, ma mira a ricostruire il senso proprio del testo, in quanto prodotto dotato di forma autonoma, coesione interna e organizzazione significativa. Questa tendenza si rafforza nella cultura moderna e ha radici già nel diritto romano, che distingueva tra voluntas legis e voluntas legislatoris.
La terza tendenza considera invece l’effetto del testo sul lettore, cioè il modo in cui il lettore costruisce senso, risponde, comprende:
«L’interprete non costituisce il polo passivo dell’atto comunicativo, ma è attivamente coinvolto nella produzione del senso».
Qui l’attenzione si sposta sull’attività interpretativa come processo, sulle operazioni cognitive e sui comportamenti che il lettore mette in atto per assegnare un significato. Si analizzano le condizioni della ricezione e gli effetti sociali della lettura, fino a teorie radicali che negano l’esistenza di fatti oggettivi, sostenendo che l’interpretazione sia ciò che costituisce la realtà stessa.
Pellerey mostra anche che le tre tendenze non si escludono necessariamente. Alcuni autori le combinano: Meier, ad esempio, unisce la comprensione del linguaggio (Opera) alla volontà che l’ha prodotto (Autore); Baumgarten sostiene che il testo deve suscitare nel lettore il medesimo corso di pensieri dell’autore (Autore + Lettore).
Una sintesi particolarmente influente è quella proposta da Luigi Pareyson nella sua teoria della formatività. L’autore è concepito come operatore stilistico, la materia dell’opera è trattata come struttura dotata di leggi proprie, e il lettore come interprete-esecutore. Nell’Estetica e in Verità e interpretazione, Pareyson afferma:
«Leggere non significa abbandonarsi all’effetto dell’opera subendolo passivamente, ma impadronirsi dell’opera stessa rendendola presente e viva».
L’interpretazione, in questa prospettiva, è un’esecuzione. Ogni opera riuscita è fatta “così come essa stessa vuole”, e il lettore, per comprenderla, deve seguire la guida implicita dell’opera stessa. Le interpretazioni sono molteplici, ma non arbitrarie: sono giustificate dalla forma, dalla compiutezza e dalla determinazione dell’opera.
Con questa impostazione, Pareyson armonizza le tre tendenze: l’autore è un’intenzione formativa stilisticamente organizzata, l’opera è un organismo formale compiuto, il lettore è esecutore e interprete. In questo modello, l’interpretazione diventa un atto creativo e responsabile, capace di attivare l’opera nella sua verità dinamica.
Riferimento bibliografico: Valentina Pisanty – Roberto Pellerey, Semiotica e interpretazione, Bompiani, Milano 2004.