Daniele Barbieri affronta il tema delle tassonomie come dispositivi che autorizzano implicazioni locali all’interno del quadrato semiotico. Una tassonomia è definita come un’area localmente strutturata, un deposito di relazioni stabilite attraverso una serie di Trasformazioni. Per esempio, nel contesto della classificazione biologica, si può tranquillamente affermare che gatto implica felino. Ma che cosa accade quando si applica questo tipo di relazione all’interno del quadrato semiotico?
Il risultato, secondo Barbieri, è un quadrato “eretico” rispetto alla teoria generativa classica. L’eventuale narrazione che lo motiva potrebbe essere qualcosa come: “sembrava un gatto ma non lo era, quindi non era un felino”, oppure “non sembrava un felino, invece era proprio un gatto”. Tali formulazioni mettono in luce che i termini in gioco — gatto e non-felino — non appaiono omogenei, almeno non secondo un criterio tradizionale.
Eppure, sottolinea Barbieri, l’omogeneità tra i termini non è un dato naturale, bensì un prodotto culturale. In un contesto come un gattile che ospita anche altri animali, non-felino può ben funzionare come termine marcato da opporre a gatto. Se il quadrato semiotico serve a esplicitare relazioni determinate da Trasformazioni culturali, allora non ha senso escludere opposizioni sulla base della loro eterogeneità apparente.
Il criterio fondamentale diventa così la presenza di una Trasformazione: senza Trasformazione, non c’è che Alterità generica e inarticolata. Al contrario, una Trasformazione rende pertinente la relazione tra i termini, anche se questi appaiono eterogenei. E ciò vale anche per le direzioni verticali del quadrato: mentre la freccia discendente resta un’implicazione (anche condizionata dalla tassonomia di riferimento), quella ascendente corrisponde al riconoscimento di una significazione locale. Come scrive Barbieri:
Nel contesto di quella Trasformazione, essere un felino comporta essere un gatto, ovvero in questa situazione felino significa gatto.
Di conseguenza, in quel contesto specifico, anche non-gatto significa non-felino. In modo simmetrico, non-felino implica non-gatto, come semplice converso logico dell’implicazione posta sull’altra deissi.
È importante notare che anche la tassonomia di riferimento non è “neutrale” o “oggettiva”, ma è essa stessa il prodotto di Trasformazioni, spesso narrative, che si sono poi istituzionalizzate fino a diventare sapere condiviso — ovvero, secondo la terminologia di Barbieri, langue. La distinzione tra implicare e comportare corrisponde allora a una distinzione pragmatica: tra ciò che è posto e ciò che è nuovamente asserito, tra il noto e il nuovo.
Per fare un ulteriore esempio: in molti contesti domestici europei, dove non esistono altri felini oltre ai gatti, la frequenza delle Trasformazioni che autorizzano l’equivalenza tra felino e gatto è tale da giustificare una relazione di bi-implicazione. In quei contesti, i due termini possono essere considerati identici, anche se si tratta sempre di un’identità locale, legata al ruolo funzionale che i termini assumono nel contesto.
Barbieri chiarisce inoltre che:
In generale, nessun lessema esaurisce infatti il proprio significato nel ruolo che eventualmente ricopre in una tassonomia, ma possono ben darsi contesti locali in cui questo accade.
Anche la complementarietà, quindi, non è sempre chiara né univoca: se la distinzione tra frecce discendenti e ascendenti si riduce a una differenza tra noto e nuovo, non è detto che questa distinzione sia sempre riconoscibile. Un esempio efficace è dato dalla relazione tra non-vita e morte: se la Trasformazione “quando si smette di vivere si muore” è culturalmente forte e frequente, allora non-vita implica morte può apparire altrettanto “vera” di morte implica non-vita. Quando ciò accade, il quadrato si comprime in una bi-implicazione e la coppia vita/morte assume il profilo di una contraddizione più che di una semplice contrarietà.
Queste implicazioni, però, non sono eterne. A differenza delle implicazioni logiche, che restano valide indipendentemente dal contesto, le implicazioni culturali hanno bisogno di essere continuamente riaffermateattraverso Trasformazioni — cioè attraverso narrazioni, pratiche discorsive, rappresentazioni.
In sintesi, il quadrato semiotico non è soltanto una griglia logica: è lo strumento per dare forma a un senso costruito, continuamente riattivato da narrazioni e contesti d’uso, anche quando produce strutture “eretiche” rispetto ai modelli canonici.
Riferimento bibliografico: Daniele Barbieri, Strutturalismo processuale? Il quadrato semiotico e la genesi del senso, in «E|C», Serie Speciale – Anno XIII, n. 25, 2019.