Valentina Cuccio e Vittorio Gallese hanno rinnovato l’interesse verso i contributi semiotici alla neuroscienza cognitiva, proponendo l’impiego della teoria dei segni di Charles Sanders Peirce per chiarire nozioni fondamentali legate alla cognizione incarnata, tanto sul piano filogenetico quanto su quello neurobiologico. Questa scelta non sorprende: Peirce ha sempre concepito la sua teoria dei segni come teoria della cognizione, come ricordano studiosi come David Savan, Ivo Ibri e Piotr Konderak.
Cuccio e Gallese si concentrano in particolare sulla Primità, una delle tre categorie fenomenologiche di Peirce, sottolineando l’importanza dell’inferenza abduttiva e dell’iconicità, intesa come principio strutturale nella triade segno–oggetto. Nel loro modello, l’abduzione viene considerata la forma inferenziale più adatta a spiegare il modo in cui i segni iconici, come le simulazioni incarnate, permettono l’accesso sia ai concetti astratti sia a quelli concreti.
Tuttavia, il contributo di Edna Andrews e dei suoi collaboratori amplia questa prospettiva, spostando l’attenzione dalla Primità alla Terzità. Viene qui valorizzata l’importanza degli interpretanti, concetto chiave per comprendere la generazione del significato nel processo semiotico. La loro analisi propone un modello più complesso di semiosi, capace di descrivere anche i processi cognitivi implicati nell’acquisizione, nel mantenimento e nella produzione della conoscenza.
Nella teoria matura di Peirce, come notano Savan e T. L. Short, il significato è sempre identificabile con l’interpretantee si situa nella categoria della Terzità. L’interpretante è ciò che permette la mediazione tra il segno e il suo oggetto, ed è fondamentale per ogni traduzione e ogni processo di significazione. In questo senso, la semiosi non è mai un evento isolato, ma una rete dinamica di trasformazioni e interpretazioni, che coinvolge sia il singolo che la comunità.
Il contributo teorico più originale del saggio consiste proprio in questa proposta: se l’iconicità e l’abduzione forniscono un primo accesso incarnato ai concetti, è l’interpretante – inteso come effetto del segno su una mente – a costituire il vero fulcro della cognizione incarnata. La prospettiva di Peirce, così riformulata, appare quindi cruciale non solo per comprendere le basi cognitive del linguaggio, ma anche per spiegare il funzionamento dei sistemi neurali multimodali e distribuiti.
Riferimento bibliografico: Andrews, E., Bierman, H., Hannon, B., & Ling, H. (2024). Semiosis and embodied cognition: The relevance of Peircean semiotics to cognitive neuroscience. Sign Systems Studies, 52(1-2)