Roman Jakobson ha individuato nella funzione metalinguistica una proprietà fondamentale delle lingue naturali, affermando che la condizione per avere un linguaggio è che esso possa parlare di sé. Due manifestazioni evidenti di questa funzione sono la parafrasi e il metalinguaggio, ma rimane da chiarire in che modo questi due strumenti linguistici riflettano effettivamente “sul linguaggio stesso”.
Jakobson definisce la parafrasi come una traduzione intralinguistica e presenta la funzione metalinguistica nel quadro della comunicazione. Tuttavia, i suoi esempi non consentono di distinguere chiaramente la parafrasi dal metalinguaggio. Anche in successive occasioni evita di tracciare una linea netta tra i due concetti, il che solleva un interrogativo cruciale: il metalinguaggio è solo una forma di parafrasi o è qualcosa di distinto?
Secondo Alessandro Zinna, la risposta risiede nel negare questa identificazione, introducendo invece una distinzione netta. La parafrasi si fonda su un rapporto di equivalenza semantica tra due espressioni linguistiche dello stesso ordine, mentre il metalinguaggio si basa su una relazione gerarchica tra una lingua-oggetto e la lingua che la descrive. In questo senso, la lingua-oggetto può essere considerata il “referente” del metalinguaggio.
Il metalinguaggio non produce soltanto un effetto di equivalenza, ma esercita anche una riduzione della densità semantica, proprio in virtù del controllo terminologico che impone. Questo tipo di uso del linguaggio, simile a quello delle “lingue di specialità”, consente di raggiungere un primo livello di costruzione terminologica. La precisione semantica richiesta porta infatti alla selezione di significati univoci e all’eliminazione della polisemia caratteristica delle lingue naturali.
In questo contesto, Zinna ricorda una definizione di Hjelmslev: per descrivere un oggetto o una lingua, è necessario modificare l’uso della lingua quotidiana introducendo nuovi segni, ovvero termini tecnici. Questo processo genera dizionari e glossari volti a elencare neologismi e definire il loro impiego rispetto alla lingua ordinaria. Nasce così una lingua di specialità, fondata su un metalinguaggio istituzionalizzato.
La definizione, rispetto alla parafrasi, svolge un ruolo essenziale nel metalinguaggio. Essa non si limita a riformulare: sostituisce una denominazione con una frase, stabilendo un rapporto asimmetrico tra le due unità. È qui che si situa una differenza operativa fondamentale: mentre la parafrasi affianca due catene linguistiche equivalenti, la definizione opera una condensazione semantica, traducendo una catena discorsiva in un’espressione terminologica.
Zinna sottolinea che la finalità della parafrasi è orientata alla comprensione, mentre il metalinguaggio, pur mirando anch’esso alla comprensione, lo fa attraverso un’attitudine sistematizzante. Questo lo conduce non solo a definire, ma a descrivere e decomporre l’oggetto in unità costanti e variabili, comuni e distintive. È attraverso la classificazione e la divisione che il metalinguaggio costruisce gerarchie, organizzando l’oggetto in categorie come figure, segni, frasi, discorsi.
Questa distinzione tra parafrasi e metalinguaggio richiama due tradizioni: da una parte la teoria dell’interprete di Peirce come traduzione tra segni, dall’altra quella di Saussure, che abbandona la linguistica normativa del XIX secolo per una linguistica descrittiva. Entrambe le tradizioni, come suggerisce il testo, si confrontano con l’esigenza di articolare la riflessione sul linguaggio attraverso strumenti che non si esauriscono nella semplice riformulazione, ma mirano a comprenderlo strutturalmente.
Riferimento bibliografico: Alessandro Zinna, « L’épistémologie de Hjelmslev : Entre métalangage et opérations », Signata [En ligne], 4 | 2013, mis en ligne le 30 septembre 2016.