Nel 1984 Algirdas Julien Greimas pubblica uno studio intitolato Semiotica figurativa e semiotica plastica, in cui affronta la questione di una possibile semiotica visiva. Il punto di partenza è la delimitazione del suo oggetto: Greimas decide di concentrarsi sulle rappresentazioni planari, cioè su quei testi che impiegano un significante bidimensionale– fotografie, dipinti, disegni e altri artefatti visivi.
All’interno di queste rappresentazioni, egli distingue due livelli d’analisi: uno figurativo e uno plastico.
Il livello figurativo riguarda la possibilità di riconoscere le figure visive come configurazioni del mondo naturale: per esempio, un disegno di un albero o di un cane può essere interpretato come rappresentazione di un albero o di un cane reali. Tuttavia, Greimas precisa che la relazione tra immagine e oggetto non può essere intesa come semplice somiglianza: la rappresentazione non nasce da un rapporto diretto tra figura visiva e realtà naturale, ma da una griglia di lettura comune tanto agli artefatti planari quanto al mondo naturale.
Questa griglia, variabile da un punto di vista storico e culturale, seleziona determinati tratti visivi pertinenti – detti formanti figurativi – che rendono riconoscibile il significante visivo come rappresentazione di un oggetto. È dunque tale struttura interpretativa a permetterci, per esempio, di identificare certi tratti grafici come “una mela” e di considerarli la rappresentazione dell’oggetto del mondo naturale “mela”.
In questo senso, la semiotica figurativa costituisce soltanto uno dei modi possibili di organizzare il senso visivo, poiché si limita a descrivere gli effetti di riconoscimento naturalizzanti prodotti dall’immagine. Proprio per questo, Greimas suggerisce di affiancare a tale livello un’altra modalità di analisi, centrata non sulla somiglianza o sull’oggetto rappresentato, ma sulle configurazioni visive pure – spazi, forme, colori – capaci di generare senso indipendentemente da qualsiasi riferimento figurativo.
Da questa esigenza nasce il livello plastico, il secondo grande dominio di una semiotica visiva. Esso non si occupa di ciò che l’immagine rappresenta, ma di come le sue strutture visive producono effetti di senso. La distinzione tra figurativo e plastico, così formulata, diventa fondamentale per ogni analisi semiotica dell’immagine, poiché consente di passare dall’interpretazione “naturalizzante” della figura a una descrizione più astratta delle proprietà sensibili del significante visivo.
Riferimento bibliografico: Stefano Traini, Le basi della semiotica, Collana “Strumenti Bompiani”, Bompiani.
