Uno dei nodi teorici più significativi nella semantica esperienziale di Patrizia Violi riguarda la distinzione tra competenza semantica e competenza enciclopedica, distinzione che — come sottolinea Stefano Traini — non ha un valore puramente classificatorio o scolastico, ma svolge una funzione cruciale nella regolazione dell’attività interpretativa.
Secondo Violi, la competenza semantica fornisce lo sfondo condiviso e non negoziabile sul quale si fonda la nostra capacità di comprendere e usare correttamente i termini di una lingua. Si tratta di un insieme di conoscenze date per scontate, assunte come parte del sapere comune, che non devono essere ogni volta oggetto di contrattazione. È grazie a questa competenza che, ad esempio, tutti i parlanti possono riconoscere il significato base della parola balena.
Diversa è invece la competenza enciclopedica, che riguarda il sapere variabile, contestuale, soggetto a ridefinizione intersoggettiva. È sulla base di questa competenza che possiamo collegare il termine balena a Moby Dick, al romanzo di Melville o a determinati tratti culturali e letterari. Ma, precisa Violi, un’operazione di questo tipo esige una contrattazione pragmatica: presupporre che l’interlocutore possieda tale sapere senza verificarlo può risultare inopportuno, se non addirittura scortese.
Il criterio che permette di distinguere le due competenze non è teorico o ontologico, bensì storico, empirico, convenzionale. Non esiste, per Violi, una cesura assoluta tra il sapere linguistico e il sapere del mondo: entrambi si costituiscono e si evolvono sulla base di accordi sociali. Anche i saperi specialistici, come quello informatico o scientifico, possono gradualmente entrare nella competenza comune, se accettati e diffusi all’interno di una data cultura.
Per Violi, questa osservazione conduce a una riformulazione del concetto stesso di enciclopedia. Se da un lato si può pensare l’enciclopedia come un repertorio ideale e illimitato di tutte le conoscenze disponibili, dall’altro è preferibile intenderla — in modo più operativo — come un repertorio aperto ma storicamente determinato dei saperi socialmente condivisi in un certo periodo. In questa seconda accezione, essa può svolgere una funzione regolativa dell’interpretazione: “costituisce lo sfondo contro cui si possono commisurare i singoli atti semiosici, comprese le specificazioni del significato dei singoli termini” [Violi].
Tuttavia, anziché insistere sul termine enciclopedia, Patrizia Violi preferisce parlare di competenze. Il concetto di competenza semantica permette di mettere a fuoco il tipo di conoscenze necessarie a condividere una lingua e a partecipare a una cultura. Anche in questo caso, il punto decisivo non è se tale competenza sia effettivamente posseduta da tutti, ma se venga assunta come condivisa: solo sulla base di questa assunzione possiamo parlare, agire, fingere di capirci. La competenza semantica, in questo senso, è una finzione operativa, ma indispensabile.
Infine, Violi sottolinea che i confini della competenza semantica sono mobili, si formano e si trasformano nel tempo. Il caso del termine dinosauro è esemplare: la proprietà “estinto” è divenuta parte integrante del suo significato solo in un secondo momento, in seguito a un cambiamento delle conoscenze scientifiche e della loro diffusione nella cultura comune. Il significato, pertanto, non è fissato una volta per tutte, ma evolve seguendo i movimenti della cultura, dell’esperienza e della negoziazione sociale.
Riferimento bibliografico: Stefano Traini. Le due vie della semiotica: Teorie strutturali e interpretative (Strumenti Bompiani)