Francesco Marsciani sottolinea che ogni tentativo di definire la razionalità della pratica semiotica si scontra con un limite intrinseco: l’assenza di un fondamento esterno che possa garantire la validità del modello. In altre parole, non esiste un “reale” da cui la semiotica possa derivare una conferma oggettiva del proprio impianto teorico.
La riflessione prende le mosse da un paradosso fondamentale: la semiotica nasce come teoria del senso, ma ogni volta che tenta di formalizzare il proprio oggetto, rischia di tradirlo. Infatti, secondo Marsciani, «non esiste un oggetto del mondo che sia dato e che preceda la costruzione del senso»: l’oggetto stesso è effetto della significazione. E dunque, la razionalità semiotica si esercita in assenza di garanzie empiriche esterne, agendo sempre all’interno di un dispositivo costruttivo.
Questa condizione espone la semiotica a una tensione costante tra formalizzazione e esperienza. Il tentativo di costruire modelli operativi e descrittivi si confronta sempre con un eccedente, un resto che non può essere ridotto né all’ordine simbolico né a una grammatica delle pratiche. In questa eccedenza risiede, per Marsciani, un punto cieco irriducibile, che si colloca al cuore stesso della razionalità semiotica.
La razionalità viene così intesa non come una proprietà di tipo logico-formale, ma come una modalità situata, che agisce in un contesto e in rapporto a un fare. Marsciani precisa che «il sapere semiotico non può essere oggettivo in senso forte», perché non può mai prendere pienamente le distanze dal proprio oggetto, né fondarsi su una neutralità osservativa.
Questa presa di posizione comporta una ridefinizione dello statuto epistemologico della semiotica: essa non è una scienza “forte”, né una metateoria, bensì una pratica teorica che riflette su sé stessa, consapevole dei propri limiti e delle proprie condizioni operative.
Marsciani propone così una forma di razionalità che si costituisce nell’atto stesso della modellizzazione, e che trova il proprio fondamento non nella corrispondenza con il reale, ma nella coerenza interna dell’elaborazione teorica. Tuttavia, tale coerenza è sempre esposta all’instabilità e al rischio, proprio perché costruita su un oggetto che è esso stesso effetto del discorso.
In questa prospettiva, il punto cieco della razionalità semiotica non è un difetto da correggere, ma una condizione strutturale e costitutiva del sapere semiotico stesso.
Riferimento bibliografico: Francesco Marsciani, Ricerche intorno alla razionalità semiotica
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