Il corpo del neonato non è soltanto il primo strumento di relazione con il mondo: è anche il luogo primario della semiosi. Fin dal periodo prenatale, il neonato è immerso in un universo linguistico di cui coglie suoni, intonazioni, prosodie. Ma, nota Patrizia Violi, tutto ciò non è ancora linguaggio strutturato: è senso corporeo.
Nella fase originaria della vita, le funzioni vitali sono corporee; le esperienze sono corporee; gli affetti stessi hanno una base interamente corporea. Il neonato è il suo corpo: un corpo che sente, si muove, e comincia a significare attraverso la propria attività.
Embodiment e semiotica
Negli ultimi decenni, la linguistica e la semantica cognitiva hanno indagato le modalità corporee del senso, mostrando che il sistema concettuale e l’architettura del linguaggio si basano su configurazioni topologiche derivate dal corpo in movimento: verticalità, frontalità, forza, direzione. È l’approccio dell’embodied cognition, che ha aperto prospettive interessanti.
Ma Violi avanza una critica importante: in questi modelli il corpo è trattato come matrice schematica per successive proiezioni metaforiche. È visto come substrato, non come luogo della semiosi in atto. Il corpo è interrogato come fonte da cui il senso si deriva, non come forma sensibile che già significa.
Un corpo che fa senso
Anche nella semiotica di Greimas e Fontanille si è parlato del corpo come “pre-condizione” della significazione. Tuttavia, anche qui, il sensibile resta legato a un regime pre-semiotico di tipo continuo, contrapposto al discontinuo proprio del linguaggio.
Violi propone di superare questa contrapposizione. L’idea non è sostituire la mente con il corpo, come in un rovesciamento simmetrico, ma riconoscere che il corpo è sempre già significante. Fin dall’inizio, il corpo è “senziente” e interpretante. È insieme organo recettivo e forma di senso.
Nei primi mesi di vita, il neonato dispone di pochissimi strumenti per esprimere senso: il suo corpo, e i gesti e i movimenti ancora rudimentali che può compiere. Ma è proprio in questi gesti che si struttura una relazione semiotica, per quanto elementare. Secondo Violi, perché vi sia semiosi è sufficiente che esistano due piani – Espressione e Contenuto – legati da una relazione.
Sema e soma
Una dimostrazione concreta di questa relazione può essere trovata nel parallelismo tra il neonato e il sommelier, così come proposto da Claudio Paolucci. Entrambi traducono sensazioni corporee in categorie di senso: il sommelier decodifica sapori e aromi per inserirli in un sistema semantico culturale; il neonato deve indicizzare le proprie sensazioni (fame, dolore, sazietà) in comportamenti espressivi pertinenti.
Violi descrive un’osservazione diretta in cui un neonato, in preda a un’irritazione, smette improvvisamente di piangere quando la madre tocca il punto dolente. Non è l’eliminazione del dolore a produrre l’effetto, ma l’indicizzazione affettiva di quel tocco: il neonato “capisce” che il suo disagio è stato recepito. E questa comprensione si manifesta nella modulazione intenzionale del pianto.
Siamo già in presenza di una differenziazione del piano dell’espressione, e dunque di un uso semiotico del corpo.
La sintonizzazione come traduzione
Un altro fenomeno essenziale della proto-semiotica è la sintonizzazione affettiva, analizzata da Stern. In questa fase, la madre non si limita a imitare il bambino, ma traduce le sue espressioni in modalità diverse: un gesto motorio viene rispecchiato con una vocalizzazione, oppure una vocalizzazione viene tradotta in un movimento corporeo.
Violi sottolinea che questa forma di interazione implica tre elementi:
- Un principio imitativo trasformato;
- Una trans-modalità (passaggio da un canale espressivo all’altro);
- La corrispondenza di stati interni, che restano riconoscibili anche se espressi in modi diversi.
Tutto ciò configura un sistema di traduzione semiotica, basato sul corpo come operatore. Non siamo nel contagio automatico, ma in una vera e propria sostituibilità espressiva, che implica l’esistenza di un contenuto comune espresso in modi diversi. Il bambino riconosce questa corrispondenza, e inizia a trattare i comportamenti come forme significanti.
Una competenza in nuce
La capacità del bambino di cogliere che la stessa qualità affettiva può essere espressa con mezzi diversi è l’inizio di una competenza semiotica implicita. È il riconoscimento che qualcosa – il contenuto – può essere detto in molteplici modi, e che le forme espressive sono sostituibili.
È, a tutti gli effetti, una semiotica corporea.
Riferimento bibliografico: Patrizia Violi. Il senso prima del linguaggio. Appunti per una proto-semiotica